I jihadisti di Ansar Beit al-Meqdisi, gruppo affiliato al terrorismo internazionale dello Stato islamico (Isis), hanno rivendicato l’attacco contro una nave della guardia costiera egiziana al largo del Sinai nel Mediterraneo.

I jihadisti hanno postato su Twitter l’immagine dell’imbarcazione colpita da un’esplosione che potrebbe essere stata causata da un missile. Si tratta del primo attacco navale con uso di missili perpetrato dal gruppo, impegnato in una vera guerra contro militari e poliziotti egiziani. Il Brigadiere generale Mohamed Samir ha confermato che la nave è andata in fiamme ma non ci sarebbero vittime. I jihadisti hanno assicurato invece di aver ucciso l’intero equipaggio della nave. Lo scorso mercoledì è stato attaccato un gasdotto che collega il Cairo a Suez. Il prossimo 6 agosto verrà inaugurato il faraonico progetto di raddoppio del Canale, annunciato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi lo scorso anno.

La nave era impegnata in un pattugliamento di routine delle acque territoriali egiziane. Dopo l’attentato al procuratore generale del Cairo, Hisham Barakat, del 30 giugno scorso, nel Sinai è in corso una guerra che ha causato quasi duecento vittime tra militari, polizia, jihadisti e beduini. Sui numeri ci sono versioni discordanti dell’esercito che parlano di meno vittime accertate. Proprio in seguito a questi attacchi il governo egiziano ad interim ha deciso di promuovere un comitato di fact checking che monitorerà la stampa estera in merito ai dati forniti e alle discrepanze rispetto ai numeri ufficiali.

La decisione viene dopo le norme antiterrorismo che hanno stabilito processi per direttissima contro i presunti terroristi e controllo rafforzato sui media stranieri con un’analisi puntuale sulla terminologia utilizzata. Questi provvedimenti mettono il bavaglio a qualsiasi critica verso il regime da parte della stampa indipendente.

A destare nuova preoccupazione è l’uso delle località del Mediterraneo negli ultimi mesi da parte di scafisti e contrabbandieri per trasportare rifugiati siriani ed eritrei con l’aggravarsi della crisi in Libia. Alcune delle principali tragedie nel Canale di Sicilia e sulle coste greche potrebbero aver coinvolto barconi partiti dall’Egitto.

A conferma che la fase di instabilità politica si aggrava ulteriormente, la scorsa domenica il centro del Cairo è stato colpito da un attentato a due passi dal Consolato italiano in via Galaa. Sebbene il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che si è subito recato in Egitto, abbia parlato di attacco contro l’Italia, gli investigatori hanno reso noto che l’obiettivo dell’attacco potrebbe essere stato invece il giudice, Ahmed Fadaly.

La magistratura è nel mirino dei gruppi radicali per il pugno duro che ha stabilito contro gli islamisti. Contemporaneamente questi attentati rendono più probabile una celere esecuzione delle condanne a morte contro la Fratellanza, incluso l’ex presidente Mohamed Morsi.

In questi giorni, al-Sisi ha firmato la nuova legge elettorale che ha riformato il testo bocciato lo scorso marzo dalla Corte costituzionale. Sono tre anni che non si vota per le parlamentari in Egitto. Dopo lo scioglimento del parlamento nel 2012, non si sono svolte le elezioni dell’aprile 2013 durante la presidenza Morsi né la scorsa primavera. Nella nuova legge i collegi elettorali vengono rivisti secondo le richieste dell’alta Corte ma resta il 20% dei voti per i candidati di partito, dando ampio spazio agli indipendenti in un contesto in cui al-Sisi non dispone di un partito politico e il pluralismo del 2011 è stato ormai azzerato dal golpe militare.

Continuano infine fermi, espulsioni, arresti e confische di passaporti di attivisti o sostenitori di movimenti laici e islamisti che vivono in Europa e in visita in Egitto: segno di un costante tentativo di intimidazione dei contestatori.