«Buonasera. Benvenute e benvenuti al Teatro Studio Melato. Mi chiamo Jérôme Bel. Sono celibe e ho una figlia di 16 anni. Ho 57 anni. Vivo a Parigi. Vengo identificato come coreografo». Inizia così Jérôme Bel di Jérôme Bel, in scena fino a domani, il cui reenactment – opera di ricostruzione, rievocazione e riscrittura – è firmata da Marco D’Agostin, performer e coreografo italiano tra i più interessanti della sua generazione, associato al Piccolo Teatro coproduttore del progetto.
Jérôme Bel nasce in tempo di pandemia, un’auto-bio-coreografia, un testo da leggersi, a teatri riaperti, seduti di fronte a un computer mandando estratti video dagli spettacoli dello stesso Bel. Un lavoro che è la seconda tappa di Stages – Sustainable Theatre, progetto europeo sulla sostenibilità nel teatro in tempi di riscaldamento climatico.

BEL, PUNGENTE capostipite di quel fenomeno definito una trentina d’anni fa «non danza», contro l’inquinamento energetico sceglie di non viaggiare più in aereo. Lo spettacolo Jérôme Bel rinasce in giro per il mondo con performer locali, attraverso un kit di istruzioni sulla lettura del testo e gli estratti video da proiettare sullo schermo. Al Melato succede però altro. Non c’è nessun computer, nessun video. D’Agostin, responsabile del concept per l’Italia, con il sostegno del Piccolo fa rinascere Jérôme Bel nei corpi: scelta inedita, quanto felice. In scena una ventina di persone tra artisti professionisti e non, interpreti di estratti culto di Bel come Shirtology, The show must go on, Disabled Theatre, la sostenibilità intesa come opposizione all’isolamento verso un tempo di festa collettivo, un atto di amore verso quello scarto che appartiene al teatro live.

«BUONASERA. Benvenute e benvenuti al Teatro Studio Melato. Mi chiamo Jérôme Bel». La voce è straordinariamente femminile. Nessuno legge. L’andamento delle parole non ha fretta. Accompagna, guida il pubblico dentro la storia di Bel con uno sfalsamento prodigioso di personalità che apre alla relazione tra i pensieri, tra le azioni. Interprete di questo colpo d’ala di D’Agostin è Chiara Bersani, performer e autrice italiana portavoce da anni di un mirabile lavoro artistico sul corpo politico e sull’accessibilità, tra i fondatori e le fondatrici di Al. Di. Qua. Artists, prima associazione di e per le persone con disabilità nello spettacolo. Il racconto porta poi gli spettatori dentro La peau sulla vulnerabilità del corpo con una magnetica Alessandra Cristiani, evoca la memoria di Shirtologie con Pablo Tapia Leyton sui simboli del capitalismo attraverso le t-shirt, mette in luce la relazione che il teatro smuove con The show must go on. Della riflessione contro ogni sistema ultra-gerarchizzato è filtro l’assolo Véronique Doisneau, commissione dell’Opéra di Parigi, ricreato a Milano con sensibilità da Chiara Borgia, ballerina del Teatro alla Scala, è un omaggio al coraggio della rivolta Revolutionary di Isadora Duncan con Marta Ciappina (già interprete del bellissimo Gli Anni di D’Agostin). Con Disabled Theatre e Gala al centro è l’uguaglianza come pratica di base. Intanto il testo di Bel rivive anche attraverso D’Agostin: doppia voce con Bersani di un lavoro che ridà valore alla trasmissione tra i corpi, lasciando che la biografia del singolo esploda nelle vite degli altri. Da segnarsi in maggio sempre al Melato la personale di D’Agostin nel festival del Piccolo Presente Indicativo.