A Milano lo smog uccide di più in periferia, la cappa nei quartieri popolari è più soffocante: i tassi di decessi attribuibili a biossido di azoto e polveri sottili arrivano fino al 50, 60% in più rispetto alla media delle aree centrali. Oltre allo smog, incidono anche stili di vita peggiori, legati alla povertà e alla disuguaglianze ma vivere fuori dalla Circonvallazione esterna fa male, come dimostrano i dati presentati ieri con i rappresentanti dell’Oms al congresso «RespiraMi: Recent Advances on Air Pollution and Health 2024». Per la prima volta, sono stati diffusi i risultati di uno studio sugli effetti sanitari a lungo termine sulla popolazione condotto dall’Agenzia per la Tutela della Salute di Milano (Ats-Mi), a partire dai livelli di concentrazione media degli inquinanti legati principalmente al traffico e alla combustione negli impianti di riscaldamento (NO2, Pm10 e Pm2.5).

La «zona rossa» delle periferie è stata individuata incrociando i dati con le informazioni sanitarie e anagrafiche georeferenziate. La conferenza, ha visto l’intervento di Sergio Harari (divisione Malattie dell’Apparato Respiratorio e divisione Medicina Interna dell’Ospedale San Giuseppe MultiMedica Irccs e Università di Milano). Harari parla di una «mappa dell’inquinamento» in grado di dimostrare per la prima volta che biossido di azoto e polveri sottili hanno tassi di decesso per 100mila abitanti che possono arrivare fino al 60% in più in alcune zone della periferia milanese rispetto al centro città». Gli oltre 1.600 decessi all’anno per tutte le cause attribuibili al Pm2.5 e gli oltre 1.300 decessi annui attribuibili al biossido di azoto a Milano non sono infatti distribuiti allo stesso modo sul territorio.

«L’inquinamento ha effetti più grandi soprattutto nei quartieri periferici attraversati da strade molto trafficate, densamente abitati e dove c’è una maggior quantità di persone con oltre 65 anni, quindi più fragili di fronte agli effetti dello smog» ha spiegato Francesco Forastiere (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Ift, Gruppo di ricerca ambientale dell’Imperial College di Londra). «Anche altri elementi relativi alle caratteristiche socio-economiche della popolazione possono contribuire a spiegare perché l’inquinamento colpisca più duramente in periferia rispetto al centro. Comunque, il tasso di decessi risulta decisamente maggiore in alcune zone rispetto ad altre, meno urbanizzate e più verdi».

L’esposizione al biossido di azoto è responsabile del 10% delle morti per cause naturali (130,3 su 100 mila abitanti), con dati più allarmanti a Quarto Oggiaro con 158 morti su 100mila abitanti e al quartiere Gallaratese con 170 su 100mila abitanti, a fronte di valori attorno a 100 nel centro. Per quanto riguarda invece il Pm2.5, responsabile del 13% delle morti per cause naturali (160 su 100mila abitanti) e del 18% dei decessi per tumore del polmone, le conseguenze più pesanti si hanno in zone periferiche come Mecenate, Lorenteggio e Bande Nere dove i tassi di decesso superano i 200 per 100mila abitanti.

Sono altri argomenti utili a spiegare l’importanza della manifestazione «Vietato respirare», in programma oggi in piazza Cairoli dalle 15. «Dall’inizio dell’anno sono passati 60 giorni. Per 32 di questi, a Milano la qualità dell’aria ha sforato i limiti consentiti, con picchi anche di 3 volte i tetti stabiliti per i singoli inquinanti. La soglia massima di sforamento stabilita dall’Ue è di 35 giorni all’anno» ricordano gli attivisti di Sai che puoi? (tra i promotori della manifestazione).