«È stato sufficiente che gli svizzeri dessero una stretta agli ingressi, che sono contingentati, e c’è stato un reflusso su Milano. Mi ha detto il prefetto che qui e in un paio di paesi della Città metropolitana sarà pronto altro spazio», così Giuseppe Sala aggiorna sulla situazione nel capoluogo lombardo che attualmente ospita almeno 3.300 migranti. Secondo il sindaco la chiusura delle frontiere, da Ventimiglia a Chiasso arrivando fino al Brennero, è la causa dell’attuale situazione migratoria. Ma le associazioni impegnate nell’accoglienza ricordano «che ciò che non è stato risolto negli scorsi anni torna oggi alla luce».

La quasi totale chiusura del confine svizzero-italiano ha certamente fatto aumentare i numeri, ma il dibattito sul come e dove allocare le migliaia di migranti in transito nella città del post Expo è vecchio di alcuni mesi. Eppure giorno dopo giorno si ferma e si concentra sullo sola dimensione emergenziale. I centri d’accoglienza di Milano sono pieni già da inizio luglio, quando si parlava di circa 2.800 presenze in città.

Giuseppe Sala da tempo vorrebbe trasformare l’ex campo base di Expo in spazio adibito all’accoglienza dei migranti. L’idea del sindaco ha però aperto un contrasto molto accesso con il governatore della regione Lombardia Roberto Maroni che ieri ha scritto sul suo profilo twitter «Clandestini a casa loro, subito».

I posti letto disponibili a Milano scarseggiano, il problema è immediato e il sindaco non esclude «la possibilità che si usino tende perché di spazi in tempi molto rapidi non ce ne sono in questo momento». Si tratterebbe di strutture per la prima accoglienza, che si aggiungeranno a quelle già sistemate all’interno dell’ex Centro di via Corelli e della caserma Mancini. Ma assicura il sindaco: «Non è prevista alcuna tendopoli in altri luoghi della città. Preciso questo a beneficio dei campioni del comunicato stampa ‘un tanto al chilo’ che vogliono descrivere una città allo sbando che non esiste». La Regione da parte sua risponde che «non metterà a disposizione alcuna struttura della Protezione civile lombarda».

È passeggiando attorno alla stazione centrale che s’incontrano alcune risposte e visioni differenti, sono le voci e le parole dell’attivismo solidale di tante associazioni che da anni affrontano le questione legate ai flussi migratori. Difficile trovare chi dica una cosa diversa da «basta parlare d’emergenza e di crisi, è la quarta estate consecutiva che Milano si riempie di migranti in transito. È una questione strutturale. Così andrebbe affrontata». Con attiviste e attivisti non sembra funzionare nemmeno la giustificazione delle frontiere chiuse, «Certo è un questione in più, ma non è il primo anno che viviamo questo fenomeno, anche prima della chiusura delle frontiere era così. Un dei problemi è che non si riesce a rispondere alle esigenze e alle domande dei richiedenti asilo, problema che si somma al flusso in transito». L’indagine sul sistema d’accoglienza dei richiedenti asilo, svolta dall’associazione di volontariato Naga, ammonisce «per ragionare compiutamente sull’accoglienza appare necessario non soffermarsi sull’immediato ma domandarsi quale sia il senso di questo processo». Rachela, cofondatrice di Cambio Passo ci dice «queste sono soluzioni che non tengono conto della necessità dei migranti ovvero di potersi muovere liberamente avendo come destinazione il luogo dove risiedono i cari. Le persone continuano ad arrivare dalle zone di crisi, attraversando la Libia o l’Egitto. Non si può nemmeno pensare di delegare ad altri stati il controllo o la gestione dei flussi. Le amministrazioni si trovano così ad affrontare problemi di politica estera».