Non ci sono state significative prese di posizione, ieri, da parte di Mosca, alla tregua nel sudest dell’Ucraina, dopo l’accordo sul piano di pace sottoscritto a Minsk. Almeno, non quante sono state le reazioni alle decisioni scaturite dal vertice Nato nel Galles e all’annuncio, da parte Ue, della possibilità di nuove sanzioni.

Sul fronte del Donbass, ieri, in un colloquio telefonico, Putin e Poroshenko «hanno espresso soddisfazione per il fatto che nel complesso il cessate il fuoco viene rispettato dalle parti in conflitto» e hanno «sottolineato l’importanza del monitoraggio della situazione da parte dell’Osce». Le principali agenzie di informazione russe si sono limitate a registrare le dichiarazioni delle parti circa lo scambio di prigionieri (uno dei principali punti del piano sul cessate il fuoco), senza dare rilievo alle notizie circa sporadiche inosservanze della tregua, da ambo le parti. Nel primo pomeriggio Itar-Tass riportava una dichiarazione dalla Repubblica di Donetsk, secondo cui i prigionieri ucraini (un paio di centinaia) venivano rilasciati già ieri, mentre Kiev dovrebbe liberare i miliziani catturati solo lunedì. Nel complesso, sembra che il patto, almeno per il primo giorno, abbia tenuto, anche se non manca lo scetticismo sulla sua durata.

Novorossija riportava le opinioni della politologa militare Aleksandra Perendzhieva e del capo del Centro ucraino di ricerche Mikhail Pogrebinskij. La prima ritiene «che il cessate il fuoco non durerà molto. Concedo non più di 5 giorni». Il secondo, pur più ottimista sulla durata, avanza dubbi sul fatto che alla tregua «possano far seguito colloqui produttivi che sfocino in un referendum sulla struttura statale». E, però, si sottolinea come, per la prima volta in un protocollo ufficiale, si garantisca al Donbass la difesa della lingua russa e una certa decentralizzazione. D’altra parte, pur se Poroshenko sottolinea che, con il cessate il fuoco, non è in discussione l’integrità territoriale ucraina, l’elité politica di Kiev lo critica aspramente per la tregua: il premier Jatsenjuk dà il via al progetto «Muraglia» dichiarando che «i soldi li chiediamo alla Ue, perché noi costruiamo un muro per tutta l’Europa»; Timoshenko ribadisce la richiesta di referendum per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Lo speaker del Consiglio nazionale di difesa Andrej Lysenko dichiara che le truppe ucraine non abbandoneranno le proprie posizioni.

E il partito della guerra a Kiev, secondo Mosca, non è certo scoraggiato né dai passi Usa, né dalle nuove sanzioni Ue contro le imprese petrolifere e militari russe. Mentre Washington si appresta a stanziare 60 milioni di dollari per materiale militare all’Ucraina, Kiev parteciperà già in settembre alle manovre congiunte navali Sea Breeze e terrestri Rapid Trident. L’attenzione di Mosca si è ieri appuntata soprattutto sull’eventualità di nuove sanzioni Ue che, se adottate, lunedì prossimo, «riceveranno senz’altro adeguata risposta», dichiarano al Ministero degli esteri. La dirigenza Ue, «al solito si perde in uno specchio politico deformante» e «di fatto, invia segnali di sostegno diretto al partito della guerra a Kiev». In sostanza, dice Mosca, «la dichiarazione sull’allargamento delle sanzioni antirusse è stata la prima reazione Ue all’incontro a Minsk del gruppo di contatto» sull’Ucraina. Il Presidente del Comitato della Duma per gli affari esteri Aleksej Pushkov, ha dichiarato che l’Occidente non ha avanzato nessuna proposta, tranne sanzioni e minacce. E anche il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, in un’intervista al canale tv Rossija 1, i ha dichiarato che la «destabilizzazione ucraina su ordine Usa crea una minaccia per Russia e Bielorussia: in Ucraina molti politici eseguono alla lettera quell’ordine. Gli americani vogliono annientare le nostre genti con le nostre mani» e i leader europei agiscono da portavoce del corso politico Usa. Mosca ha annunciato ieri l’inizio delle prove del nuovo missile per i caccia T-50, la cui produzione è prevista per il 2016. Per parte sua, la flotta disporrà entro l’anno di una nuova base permanente presso le isole Novosibirsk nell’Artico, secondo quanto dichiarato dall’ammiraglio Vladimir Korolev.