Cosa attendersi dal duetto fra il polistrumentista chicagoano Roscoe Mitchell (84 anni, un protagonista della musica tout court, a cavallo tra XX e XXI secolo) e il percussionista-batterista Michele Rabbia (59enne, da decenni rischiosamente all’incrocio tra musica improvvisata, contemporanea ed elettronica)? Ogni aspettativa è lecita, da parte di chi segue la scena sonora creativa; unico precedente un recital nell’ottobre 2016 a Padova, commissionato dal Centro d’Arte. Dopo il concerto al Torino Jazz Festival (28 aprile) e prima di quello alla 34ma rassegna di AngelicA (Bologna, 3 maggio, teatro San Leonardo), l’esibizione romana del duo (Sala Petrassi, Parco della Musica, in un 1° maggio freddo e piovoso) ha messo in luce l’ascetismo sperimentale del sassofonista coniugato all’action drumming del percussionista: da un lato lo “scienziato” del suono dalla maschera facciale imperturbabile, nel suo completo viola con cravatta (Mitchell), e dall’altro i gesti, le presenze ritmico-timbriche, i silenzi di un artista totale quale il nerovestito Michele Rabbia. (20)

GIA’ LA VISIONE del palco, in assenza degli artisti, ha dato indicazioni sul concerto. A sinistra l’imponente sax basso montato su supporto, con dietro uno sgabello; in parallelo un personalissimo set batteristico, integrato da postazione per computer e tavolo ingombro di materiali artigianali per produrre suoni e ritmi, scelti o realizzati da Rabbia con cura. Il recital alla Sala Petrassi – di fronte ad un pubblico attento ed appassionato – si è articolato in quattro parti, tre delle quali dominate dal sax basso ed una dal soprano ricurvo. Roscoe Mitchell ha inciso più di 90 album e scritto oltre 250 composizioni che spaziano dalla musica classica alla contemporanea, da un espressionistico e rovente free jazz alla chamber music, dalla solo performance ad organici vasti. A Roma il maestro di Chicago ha lucidamente optato per il più ingombrante degli strumenti ad ancia, lavorando sul fraseggio ma soprattutto sul fiato continuo abbinato a singole, reiterate note. Rabbia ha interagito con il sax basso usando timpani e tom, piatti, elettronica… infittendo o diradando la tessitura timbrica. Il suo gesto, come il suo silenzio, hanno aggiunto musica alla musica.

Nel secondo dei quattro momenti del concerto Mitchell ha imbracciato il soprano ricurvo, forzandone la sonorità verso la dissonanza e l’intonazione non temperata, con un Michele Rabbia impegnato spesso nell’elaborare suoni corporei. Quando nel bis è tornato il sax basso, con un fraseggio reiterato e cinetico, il percussionista ha suonato la batteria con un fascio di morbidi tubi di plastica, abbinando effetto ritmico e visivo. Un duo che sorprende e spiazza, illumina e seduce, provoca e scarta, indicando sempre nuovi percorsi e nuove dimensioni.