Anche nelle manifestazioni di Hong Kong, il ruolo dei social network è stato importante.
Senza confondere la realtà con la virtualità e dando per scontato (anche se non sempre accade) la necessità di contestualizzare quanto accaduto, sicuramente anche i manifestanti di Hong Kong, hanno dimostrato di sapere gestire in modo adeguato i social media.

Su Twitter sono moltissimi gli account che raccontano e specificano le caratteristiche del movimento, che aggiornano e indicano i passi successivi.

Tra chi gestisce questo imponente ufficio stampa c’è anche Chloe Kam, divisa tra strade e tastiera e responsabile di Twitter del collettivo HKdemoNow.

Innanzitutto, mentre cala la sera su Hong Kong, come definiresti la situazione per le strade?

In questo momento ci sono almeno 100mila persone ancora per strada (ieri alcuni media di Hong Kong hanno indicato come 500mila le persone presenti alle manifestazioni, ndr).

Le zone più «occupate» sono Admiralty, Wanchai, Causeway Bay, Tsim Sha Tsui e Mong Kok. Il governo di Hong Kong si rifiuta ancora di rispondere alle esigenze dei manifestanti e nonostante questo per le strade i manifestanti sono pacifici e tranquilli come è sempre stato durante questi giorni. Ai manifestanti è stato anche permesse di recarsi nei pressi dei luoghi dove si svolgevano le celebrazioni per la Repubblica popolare.
Tutto appare sotto controllo e come al solito ci sono squadre di volontari per mantenere anche pulite le strade e consentire una vita il più normale possibile a tutti.

A questo punto quali sono i passi successivi di Occupy Hong Kong?

È stato chiesto al governo di procedere alle dimissioni del chief executiv Leung. Se questo non accadrà, saranno adottate ulteriori azioni per occupare e circondare gli edifici governativi chiave (ad esclusione di impianti per servizi collettivi, come le caserme dei pompieri o gli ospedali)

Qual è – dal tuo punto di vista – la sensazione circa la possibile risposta di Pechino a questo ultimatum e ad eventuali azioni di occupazioni o scioperi?

Penso che Pechino abbia il desiderio di fermare la protesta in modo pacifico, sperando che il disagio causato possa convincere l’opinione pubblica a schierarsi contro Occupy. Allo stesso tempo sta cercando di capire come esercitare pressione sugli organizzatori perché sospendano la protesta. Per quanto ne sappiamo, la filosofia che ispira la strategia è quella di risolvere la situazione di stallo con mezzi pacifici, anche perché la mossa di domenica, ovvero l’utilizzo dei lacrimogeni contro i manifestanti, ha finito per ritorcersi contro il governo stesso.

Ci sono anche i lavoratori in queste manfiestazioni, come procede la collaborazione?

Sì, ci sono davvero, non sono pochi e stanno dando un grande aiuto. Ad esempio, ci sono camionisti che hanno parcheggiato i loro mezzi tra polizia e manifestanti, per evitare incidenti.

Raccontami come siete organizzati, come gestite il flusso di informazioni on line.

Siamo un gruppo di volontari online da tutto il mondo, raccogliamo e mettiamo on line le ultime notizie e traduciamo tutto in inglese, giapponese, cinese semplificato, spagnolo, tedesco, francese e italiano.
Twittiamo e retwittiamo immagini dalla strada sperando di diffondere le notizie più rapidamente di quanto facciano i media internazionali. All’interno del gruppo c’è chi è responsabili per rispondere alla richiesta di media e giornalisti. Alcuni di noi sono per strada alla ricerca di materiali di prima mano. La maggior parte di noi non hanno mai incontrato uno all’altro prima nella vita reale.

La nostra gestione dell’account Twitter è una ramificazione del sito e della pagina Facebook di Hong Kong Democracy Now, dove traduciamo il materiale sulle manifestazioni in oltre venti lingue.