Paolo Rossi è triste. Vorrebbe stare zitto, sussurra. Con una carriera come la sua, cominciata nel 1978, è complicato trattarlo ancora come un “allievo” di qualcuno, ma se n’è appena andato Dario Fo. Un colpo molto duro. Un tempo che non c’è più, un teatro e una storia condivisa impossibile da replicare, il ricordo di una vita. In questi giorni sta preparando lo spettacolo RossinTesta, un omaggio a un altro amico che non c’è più. Pochi anni fa, nel 2011, aveva avuto il coraggio di riportare sulla scena, per stravolgerlo a modo suo, un classico del teatro italiano, il Mistero Buffo di Dario Fo.

La figura di Dario Fo, non solo come uomo di teatro, ti ha accompagnato per tutta la vita. Non deve essere facile per te rimettere in fila i ricordi.

Cosa devo dire? In un momento così non è facile esprimersi con lucidità, forse non è questo il momento più opportuno per far rivivere Dario Fo nel ricordo, devo recuperare miei ricordi sparsi nel tempo e per farlo ho bisogno di più tempo. Oggi, in una giornata come questa, il primo pensiero va a Jacopo, suo figlio, e a tutte le persone che gli vogliono bene e che gli sono state vicine fino alla fine. Si vorrebbero sempre rimandare giornate come queste, ma la morte arriva. Meglio raccogliersi.

Vieni definito come uno dei suoi allievi, quanto gli devi come uomo di teatro?

Nella mia lunga carriera ho avuto la fortuna di avere tanti maestri e lui è stato il primo. Lo devo ringraziare perché si faceva rubare i trucchi del mestiere, se devo mettere a fuoco un ricordo direi che il suo metodo era proprio questo, sulla scena ti insegnava per poi farti andare avanti da solo. Questo fa un maestro.

Ultimamente com’erano i vostri rapporti? Lo frequentavi ancora?

Nell’ultimo periodo no, ma non per un motivo particolare. Aveva sempre da fare, era sempre impegnato. So che Dario era concentratissimo sul suo lavoro, aveva un sacco di progetti e vi si dedicava freneticamente per portarli a termine. Probabilmente lo faceva per sostenersi dopo la morte di Franca. Lavorava voracemente, non si fermava mai, era come se avesse paura di non portare a termine tutti i suoi progetti.

Dario Fo nei decenni è stato molto amato dalla sinistra e anche tu sei un uomo di spettacolo che appartiene alla famiglia della sinistra. Ma c’è un non detto che in un momento come questo non viene esplicitato, molti a sinistra non gli hanno perdonato la sua vicinanza al Movimento Cinque Stelle. Con toni anche piuttosto duri, basta dare un’occhiata alle polemiche sui social. Che ne pensi?

Forse il problema viene dalla Rete, io la frequento poco ma so che alla fine quello che resta sono solo i toni insultanti. Io non voglio giudicare la scelta di Dario. Lui è un uomo che ha sempre fatto le sue scelte liberamente, anche quelle difficili, è sempre stato alla ricerca di qualcosa e forse ha creduto di averlo trovato.

Ti ha deluso?

Non mi ha deluso né entusiasmato, è rimasto un uomo curioso fino alla fine e credo che abbia cercato di capire se da quel movimento potesse arrivare qualcosa di nuovo.