L’Agcom ha approvato la delibera sulla par condicio per le tv private senza le modifiche introdotte dalla commissione di vigilanza sullo spazio destinato al governo durante la campagna elettorale. In particolare, l’emendamento secondo il quale i programmi di approfondimento devono tenere conto della «necessità della puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative», al di fuori del conteggio della par condicio.

Rai e private avranno così due regolamenti diversi. Ma per il commissario Agcom Giacomelli sono sovrapponibili perché l’emendamento contestato dalle opposizioni (il cosiddetto «lodo Fazzolari», dal nome del sottosegretario alla presidenza del consiglio) alla fine è stato riformulato, su spinta di Gasparri (Fi), con un richiamo alle «regole fissate dalla legge 28 del 2000 e dalla legge 515 del 1993».

Per la commissaria Elisa Giomi, indicata all’Agcom dai 5S, invece «la discrepanza introduce due pesi e due misure»: la distinzione tra informazione sulle attività istituzionali e comunicazione politica «rimane davvero così netta nel contesto della competizione elettorale?», si chiede. Usigrai e dem si attestano sulla linea Giacomelli (commissario eletto in quota Pd), mentre per il 5S Carotenuto la Rai «dovrà sottostare nei suoi talk show a regole più permissive per il governo».

Agita le acque di viale Mazzini anche il caso Amadeus, ormai in direzione Nove. Tra i motivi della decisione di lasciare la Rai, secondo il Corriere della sera, continue pressioni come quelle prima dell’ultimo Sanremo: «La richiesta di Povia (vicino alla Lega) nel cast dei cantanti in gara, la pretesa di infilare Hoara Borselli (area Fratelli d’Italia) come ospite, il tentativo di affiancargli Mogol (ancora FdI)». E «un pranzo di cortesia con Pino Insegno». Viale Mazzini nega tutto con sdegno.