Nel campo della rappresentanza politica, in Italia, lo spazio per la sinistra è molto grande e, a mio avviso, destinato ad aumentare. La ragione è semplice, il Pd ha definitivamente rinunciato ai valori che caratterizzano una forza politica di sinistra. Al di là delle disinvolte affermazioni di alcuni suoi esponenti non ci si può definire di sinistra e rinunciare ad una idea di valore sociale del lavoro nella quale convivano la conoscenza e la qualità della prestazione con la dignità di chi lavora, dignità garantita dalla certezza nell’utilizzo di diritti fondamentali.

Il jobs act non ha nulla a che spartire con tutto ciò, appare esattamente la tessera di un mosaico disordinato di politiche liberiste riproposte ideologicamente addirittura in opposizione al valore sociale che dovrebbe avere il lavoro che si vuole promuovere. Analogamente i provvedimenti sulla “Buona scuola” (mai titolo fu inconsapevolmente ironico) cancellano anni di faticosa collegialità nella scuola e introducono un modello autoritario esattamente contrario ai principi da sempre professati dalla sinistra.
Che dire poi del tentativo di realizzare un sistema della rappresentanza istituzionale nel quale i designati sono di gran lunga più numerosi degli eletti e dunque i partiti più importanti dei cittadini elettori? Ma l’elenco è lungo e non riguarda politiche ordinarie ma grandi capitoli identitari. A quelli che ho elencato si possono tranquillamente aggiungere la cittadinanza, l’ambiente, una politica dell’immigrazione passiva e subalterna e una idea dell’Europa che dista anni luce da quella iniziale di Altiero Spinelli o da quella più recente di Jacques Delors.

Molti cittadini vivono già con sofferenza questa trasformazione e traducono il loro disagio e la loro rabbia in non partecipazione al voto (basta vedere i comportamenti elettorali dei cittadini in aree tradizionalmente orientate a sinistra) oppure vanno ad ingrossare i risultati elettorali di movimenti di protesta non privi di comportamenti, anche confusamente, progressisti. Occorre mettere in conto poi che la trasformazione in forza moderata e liberista del Pd appare irreversibile, con buona pace di chi pensa di poterla contrastare dall’interno votando le leggi peggiori salvo criticarle. Tutto ciò aumenterà la disaffezione e la ricerca di molti di un riferimento valoriale e identitario di sinistra di governo che oggi non è esplicitamente in campo.

Nella società italiana operano storicamente corpi intermedi radicati e diffusi che con la loro azione difendono e rafforzano valori importanti per la sinistra e non solo: i sindacati, le associazioni di volontariato, quelle ambientaliste e pacifiste, quelle di genere e dei diritti sessuali. È molto importante il loro coordinamento e la sinergia del loro lavoro comune. È meritorio che questo compito di tessitura sia stato assunto dalla Fiom di Maurizio Landini; è una funzione difficile e faticosa ma utilissima che spero venga in futuro assolta dall’intero movimento sindacale confederale. A questa oggettiva sinistra sociale va però affiancata una sinistra politica. Anche questo è compito delicato e difficile da realizzare perché condizionato dal vuoto attuale, dagli errori del passato e dal permanere di una frantumazione in soggetti sempre più piccoli e tendenzialmente conflittuali. Il problema oggi non è quello di riunificare l’esistente ma di costruire il nuovo. Sono convinto che occorra, per questo, iniziare con pazienza un lungo cammino, affrontando il tema più controverso e conteso: quello dei valori. Infatti non basta dirsi di sinistra, bisogna dimostrarlo. Bisogna avere dei valori di riferimento, farne discendere politiche coerenti ed avere comportamenti individuali e collettivi conseguenti. Il tema dei nuovi valori e della nuova identità riguarda tutti i paesi europei e non solo, la crisi delle socialdemocrazie nell’era della globalizzazione si è diffusa esaltando e facendo esplodere contraddizioni antiche. Le risposte sono e saranno diverse, come lo sono oggi in Grecia, in Spagna o da noi. L’importante è non perdere tempo ma anche non far precipitare in soluzioni affrettate la ricerca. Non è una ipotesi contraddittoria. Iniziare subito per dare fiducia ed offrire occasioni di partecipazione a molti ma senza soffocare nel contingente (magari elettorale) un faticoso lavoro di costruzione. Devono partecipare tutti coloro che lo desiderano, associazioni e singoli, senza preclusioni o esclusioni. I gruppi dirigenti di quel che già esiste, nuovo o meno che sia, devono dare prova di grande generosità nel mettersi a disposizione per costruire una nuova classe dirigente, in un processo capace di utilizzare esperienze, energie e passione. Cammin facendo si potranno apportare correzioni ed integrazioni. L’importante sarà non cambiare strada.