Apparso a Roma al tetro Vascello fuggevolmente per le Vie dei Festival, Dolore sotto chiave è uno spettacolo da non mancare (solo a marzo 2015, a Ravenna, Barcellona e Napoli). Meriterebbe diverse settimane di repliche in un teatro come l’Argentina, se questo non fosse occupato da un succedersi vorticoso di serate d’arte varia «uniche» (ovvero senza repliche). Perché il regista Francesco Saponaro è andato a ripescare tre diversi testi di Eduardo, lontani cronologicamente, da cui nasce uno spettacolo forte, grazie a tre attori straordinari che, con sobrietà e dedizione, ci restituiscono le parole dell’autore, suscitando insieme risate incontenibili, considerazioni amarissime e riflessioni sui rapporti tra le persone, in particolare quelli famigliari.
Il primo pezzo nasce addirittura da Luigi Pirandello: la sua novella I pensionati della memoria (1914) tradotta in dialetto partenopeo (come diverse volte Eduardo aveva fatto in gioventù), diviene l’irriverente e disperante sguardo su vivi e defunti da parte di uno schiattamuorto (recitato in maniera puntuta da Giampiero Schiano). Il secondo pezzo è appunto Dolore sotto chiave (1958). Ovvero il rapporto perversissimo quanto vulnerabile tra una sorella e un fratello, in un ambiente tombale di Lino Fiorito.
Lei nasconde a lui, via per lavoro, la morte della moglie. Finge che la poveretta sia malata e bisognosa di isolamento, anche quando lui ritorna e va ogni giorno a cercarla. La verità, quando arriva, porta una carica esplosiva dentro la famiglia, in un gioco delle parti senza controllo che tritura affetti, bugie, scuse pietose, alibi e falsi sentimenti, che assumono significato diverso a seconda della prospettiva di chi li vive. Una bomba comica per lo spettatore, ma anche una paradigmatica chiave di interpretazione per gli affetti più stretti.
Ultima parte, a suo modo «risolutiva», con Pericolosamente (1938), che nel classico interno condominiale di Eduardo, mostra una moglie petulante e bisbetica, per domare la quale il marito esplode all’apice delle discussioni un colpo di pistola: lei finge ogni volta di venir colpita, poi si riprende trasformata in dolcezza premurosa. All’amico ritrovato, il marito spiega che i colpi sono a salve, che l’idea ha avuto successo tra i condòmini, che la usano largamente facendo risuonare il cortile come fosse Piedigrotta. Salvo che, precisa il marito, ogni tanto un colpo è vero…
Nei due episodi il marito è Tony Laudadio, molto cresciuto come attore, fisicamente e nell’autorevolezza. Assolutamente irresistibile, Luciano Saltarelli interpreta le due donne: senza vezzi né smancerie, ma assumendo con la scialletta una maschera tragica da grandissimo attore. E le risate che suscitano fanno bene all’umore, e malissimo alla ragione.