Rinviata la sentenza per il processo sugli scontri di piazza del 14 dicembre 2010, una giornata passata alle cronache per la manifestazione a Roma di oltre 100mila persone contro il moribondo governo Berlusconi, la riforma Gelmini dell’università e la migrazione di alcuni parlamentari nelle file del Popolo delle Libertà (Pdl) che garantì il voto di fiducia all’esecutivo guidato dal Cavaliere. Sul banco degli imputati ci sono ventisei militanti della sinistra antagonista imputati di reati di resistenza e danneggiamento aggravato per momenti di tensione verificatisi sotto Montecitorio. Questa l’accusa del Pm Luca Tescaroli che ha chiesto pene pesantissime fino a 3 anni e 8 mesi.

L’udienza tenutasi ieri sembra aver stravolto l’impianto dell’accusa. Con il rinvio della sentenza (dovuta ad alcune ragioni di ruolo) l’udienza è stata mantenuta per le conclusioni della difesa. Gli avvocati Antonello Fabiano e Marco Lucentini, che assistono gran parte degli imputati, hanno chiesto l’assoluzione perché convinti che «il fatto non sussiste e non costituisce reato». Riprendendo alcuni ragionamenti sviscerati nella IX Sezione Penale Lucentini ha precisato che «la richiesta di assoluzione avanzata è supportata dal fatto che la lettura data dal Pm era viziata da un grave problema di fondo, da una macroscopica inesattezza: i mezzi delle forze dell’ordine, su cui l’accusa ritiene siano state effettuate violenze imputabili ai miei assistiti, in realtà non erano mai stati in Via in Aquiro dove si ritiene si fossero verificati gravi episodi contro le forze dell’ordine».

In quella giornata e in quel luogo specifico gli imputati, ripresi anche dai video della scientifica, lanciarono uova e palloncini di vernice all’indirizzo di Palazzo Chigi, simboleggiando la propria indignazione per quanto si stava consumando alla Camera. Come si è arrivati a questa scoperta? «Non attraverso particolari indagini – ci ha spiegato Lucentini – I filmati che ci hanno permesso di constatare che i blindati in esame non erano in Via in Aquiro, tra le altre cose, sono stati introdotti dal Pm che ne ha usato parzialmente solo alcuni fotogrammi. Questo evidenzia due cose: la prima, che con un’analisi più accurata delle immagini si sarebbe potuto chiaramente vedere che i mezzi interessati non sono mai comparsi nelle zone indicate dall’accusa, troncando sul nascere le ragioni infondate di un accanimento giudiziario dal chiaro sapore politico. Ma soprattutto l’essersi soffermati sul solo esame di alcuni fotogrammi rappresenta un esempio di grave decontestualizzazione che non tiene conto dell’intero girato prodotto, ripetiamo, dalle stesse forze dell’ordine».

Nel corso delle udienze, la difesa ha richiesto la testimonianza di un funzionario di polizia che ha fornito elementi per provare l’infondatezza dell’accusa. «Vittorugo Caggiano, Vice-Questore aggiunto di Roma, era uno dei funzionari presenti in piazza e dunque presente ai fatti che sono addebitati agli imputati. Ed è stato proprio lui a dichiarare che sotto Montecitorio, dove i mezzi delle forze dell’ordine sbarravano ogni accesso verso Palazzo Chigi, non si verificò nessun episodio di violenza», ha aggiunto Lucentini.

In un clima di incertezza il presidente della Corte Zaira Sechi ha rinviato le conclusioni della difesa degli altri imputati al 30 aprile. La sentenza di questo lungo processo è prevista il 23 giugno.