Di Basilicata, come da copione, si parla poco e niente. Dentro la bolla gelida di una piazza don Bosco piena soltanto a metà, i leader del centrodestra ci sono tutti e la scaletta scorre in fretta. Perché si capisce che tutti, sia chi sventola le bandiere che chi sta sul palco con il microfono, vogliono liquidare la pratica e tornare al riparo a casa.

GIORGIA MELONI tira fuori tutto il campionario: le fake news dei giornali, la sinistra che appoggia chi attacca le forze dell’ordine, la fine della Repubblica delle Banane in nome del legge-e-ordine, la spesa sanitaria generosa come non mai. «In un anno e mezzo questo governo ha prodotto molto di più di quanto governi della sinistra messi insieme con lo scotch hanno messo insieme in un’intera legislatura», assicura la presidente del consiglio. «La guerra è una cosa troppo seria perché la facciamo i generali», gigioneggia col consueto sarcasmo irpino Gianfranco Rotondi citando Georges Clemenceau a proposito del blasone militare di Bardi. E anche lui, il generale prestato alla politica, rimane sul vago. Non spiega il vero enigma di questa terra e di questi ultimi anni: come è possibile che in una Regione che è piena di petrolio e gas, che ha un insediamento industriale chiave dell’automotive e che ha ospitato il grande evento di Matera 2019 capitale europea della cultura il declino venga percepito e vissuto nitidamente da ogni osservatore. Eppure, ci sono almeno tre fattori che favoriscono il candidato che Meloni voleva sostituire e che si è visto confermato dopo la sconfitta della destra in Sardegna che ha condotto Fratelli d’Italia a congelare ogni forzatura egemonica sui presidenti di regione.

IL PRIMO sta nel numero e nel peso specifico dei candidati: la destra ha più liste e più aspiranti consiglieri (ne passeranno solo venti) e schiera personaggi considerati più «di peso» dal punto di vista della forza elettorale. Ciò è dovuto soprattutto all’incertezza che ha dominato nel campo largo fino all’ultimo e che si riflette, a giudizio di molti, nella debolezza della lista del Pd. Tutti i leader nei loro interventi sottolineano che Bardi si avvale dell’appoggio del governo nazionale. Sanno che questo allineamento, messo in scena in piazza a Potenza, ha sempre prodotto un effetto traino in una terra che si affida a investimenti pubblici per tentare di uscire dalla crisi. Inoltre, l’ex generale della guardia di finanza ha dalla sua i terzopolisti di Renzi e Calenda, tra i quali si è schierato l’ex presidente di Regione del Pd Marcello Pittella. «La dimostrazione del buon governo di Bardi sta nelle molte liste che lo sostengono. I confini si allargano, il vero campo largo è il centrodestra», dice Antonio Tajani che deve soffrire il freddo più degli altri perché si è presentato «con lo stesso abbigliamento dal G7 di Capri».

QUESTO PASSAGGIO di campo, evocato nei comizi senza che le sigle di Italia Viva e Azione vengano mai esplicitate, ha generato una situazione un po’ paradossale. Il segretario regionale del Pd l’altro giorno accompagnando Schlein ha ricordato che Bardi ha passato i suoi cinque anni di amministrazione ad attaccare la giunta Pittella per giustificare carenze e ritardi. Pittella spiega che il dissenso tra lui e Bardi rimane, ma che «da persone adulte» troveranno una sintesi programmatica.

SIA SCHLEIN che Conte, insieme a Marrese, hanno denunciato l’accettazione di Bardi del progetto dell’autonomia differenziata, che metterà in ulteriore difficoltà la gestione dei servizi al Sud. In forma un po’ rocambolesca, il candidato del centrodestra ha parzialmente rettificato il suo giudizio sulla riforma Calderoli dicendosi «né favorevole né contrario». Marrese ha colto la palla al balzo annunciando che il primo atto della sua giunta sarà «una delibera per cancellare con un tratto di penna l’adesione della Basilicata all’autonomia differenziata». I leader della destra su questo terreno mettono le mani avanti: «Figuratevi se io, che credo nell’Italia unita più di ogni altra cosa, lascio mezza Italia indietro» urla Meloni, sostenendo che la riforma serve alla «responsabilizzazione della classe dirigente, ed è qualcosa che serve». «Stiamo lavorando – aggiunge più sobriamente Tajani – perché l’autonomia differenziata possa essere un obiettivo equo anche per il Sud Italia». Salvini si guarda bene dal parlare del tema caro alla Lega, più facile fare l’elogio del peperone crusco lucano, che inesorabilmente viene contrapposto alla fantomatica farina di insetti che le lobbies vorrebbero rifilare all’ignaro cittadino.

L’ALTRA GAFFE di Bardi ha a che fare con uno dei problemi storici del territorio lucano: le infrastrutture e i trasporti. Per aggirare il problema di una Regione difficile da raggiungere e nella quale è praticamente impossibile spostarsi coi mezzi pubblici da un capoluogo all’altro, il presidente ha lanciato il bizzarro progetto di un circuito di trasporti «in elicottero». Più che una proposta avveniristica, l’idea è parsa ai più come una confessione di impotenza.