A conferma dell’oscurità di fondo in cui si muove il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) al quale è stato legato il destino di un intero paese ieri bastava ascoltare la discussione, e lo scontro, tra il ministro delegato alla questione (Raffaele Fitto) e le regioni sui tagli dei fondi alla sanità. Ci sono o non ci sono 1,2 miliardi di euro? La questione contabile divide da tempo il governo dagli enti locali ed è una conferma dell’estrema difficoltà di conoscere i dati, le procedure e lo stato di avanzamento dei lavori finanziati. Questioni rilevanti per una democrazia, ma a dir poco trascurate sin dall’inizio in un piano che, tra i suoi limiti, annovera anche la mancata partecipazione del parlamento oltre che della cittadinanza. Il problema è così serio da avere spinto a febbraio 316 associazioni (dal Gimbe a Legambiente alla trasmissione di Rai3 Report) aderenti alla campagna #DatiBeneComune, con il sostegno dell’Osservatorio civico Pnrr e l’assistenza dello studio legale E-Lex, a presentare la terza richiesta di accesso generalizzato agli atti (Foia).

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Ieri alla Camera, durante le comunicazioni del governo sullo stato di attuazione del Pnrr, Fitto ha sostenuto che «ci sono stati fiumi di parole ma non c’è stato un taglio alle risorse per la sanità, ma, nella missione salute, uno spostamento». «250 milioni di euro saranno dedicati all’assistenza domiciliare integrata». «Lo spostamento delle risorse è dato dalla presa d’atto che diversi progetti di investimento non avrebbero rispettato i tempi, dunque sono stati spostati fuori e sono ritornati al loro finanziamento originale. Nel dl Pnrr abbiamo, con bollinatura della Ragioneria, finanziato tutti gli interventi che sono stati spostati dal piano o definanziati».

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Una versione diversa è stata fornita, durante un’audizione alla Camera svolta nel pomeriggio, dal coordinatore della commissione sanità della Conferenza delle Regioni, Raffaele Donini. Quest’ultimo ha sostenuto che il governo «cancella risorse già assegnate alle Regioni da fondi Pnc (Piano nazionale per gli investimenti complementari) per circa 1,2 miliardi di euro». Sarebbero «investimenti che sono già cantieri» e gare assegnate «che necessitano di liquidità» ha sottolineato Donini. Per lui la soluzione sostitutiva individuata dal governo è di fatto «inesistente». Si tratta del cosiddetto «ex articolo 20», il fondo dedicato all’edilizia ospedaliera creato alla fine degli anni Ottanta, che dovrebbe finanziare il progetto «ospedale sicuro» uscito dal Pnrr dopo la revisione. Ma per le Regioni quei fondi non bastano: «Siamo di fronte a una invasione di campo molto sgarbata istituzionalmente ma soprattutto siamo preoccupati per la prosecuzione dei cantieri, soprattutto per quello che riguarda l’antisismica. Ci sono stati insomma sottratti 1,2 miliardi di risorse, la fonte di finanziamento sostitutiva indicata non è realizzabile» ha detto Donini. La norma del governo va, a suo avviso, stralciata dal Dl Pnrr in discussione in parlamento.

Per l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) la copertura «ex articolo 20» va verificata assieme alle Regioni: «Ci dovrebbe essere capienza» ha detto ieri la presidente Lilia Cavallari, ma «se era stata programmata in altro tipo di interventi, le Regioni lo sanno». L’Upb ha chiesto al governo di dettagliare meglio, con un decreto ministeriale, i definanziamenti e le nuove risorse.
Fitto ieri ha riconosciuto il problema di fondo del Pnrr: non si tratta solo di raggiungere gli «obiettivi» (target) nella corsa del criceto disposta dalla Commissione Ue, ma di spendere i soldi entro il 2026 facendo partire i cantieri. «Il tema della spesa rappresenta chiaramente una difficoltà – ha detto – Il monitoraggio dell’avanzamento dei progetti va implementato e molti degli interventi in corso di realizzazione ancora devono essere caricati sul sistema». La situazione dovrebbe, a dire di Fitto, migliorare nei prossimi mesi.