Non lo si può definire semplicemente cantautore. Lucio Dalla è stato un musicista, un attore, un performer. Serissimo quando si trattava di lavorare a un progetto, chiedetelo ai collaboratori più stretti che portava quasi allo sfinimento. Ma capace di incredibili sberleffi quando in televisione – in certi programmi anni ’80 – si divertiva ad andare in playback di proposito fuori sincro. Nel giorno dell’anniversario della nascita del cantautore bolognese morto tre anni fa, viene distribuito oggi nelle italiane il film di Mario Sesti Senza Lucio, prodotto da Erma Production di Massimiliano De Carolisi e distribuito da Unipol Biografilm Collection – I Wonder Pictures.

Il mondo complesso dell’autore di Com’è profondo il mare, Caruso e decine di brani celebri, quasi costruito per strati, fatto di mille personaggi e sfumature, tante storie filmate da Sesti che sceglie come filo conduttore la voce di Marco Alemanno: «Sono stato la persona che Lucio ha voluto vicino a sè per tanti anni, non voglio tenere questa esperienza così fortunata chiusa in un cassetto». Il film parte proprio dalla sua assenza: «Dal vuoto che ha lasciato – spiega il regista – volevo mostrare quanto Dalla abbia intrecciato, nella sua vita, una fitta rete di relazioni, lasciando un segno indelebile in ognuno». Una vena anarchica contagiosa ne caratterizza sin dall’infanzia l’esistenza, ed emerge nelle testimonianze raccolte nel film: Piera Degli Esposti, Paola Pallottino, Renzo Arbore, Paolo Taviani, il giovane musicista inglese Paolo Nutini, insospettabile fan dell’artista. «Èravamo molto stupiti quando lo andavamo a vedere al cinema Medica – racconta Piera Degli Esposti, amicizia che risale all’infanzia – lui era già un bambino prodigio è stato naturale vederlo sul palcoscenico. Quando siamo diventati più grandi, lui mi portava in Lambretta, allora mi attaccavo ai suoi fianchi e gli dicevo che erano la sua cosa più bella, come i fianchi di Robert Mitchum…».

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Trapela dalle storie e dagli aneddoti la voracità di una vita spesa anche in maniera (volutamente) disordinata, che mescola alto e basso. I contatti con Luigi Ontani e Mimmo Paladino – per il quale Dalla appare in un corto nei panni di Don Chisciotte, le voci di Toni e Peppe Servillo, degli amici conosciuti nei due Buen ritiro alle Isole Tremiti e a Milo, e di un coro di non professionisti (Novesesti) che esegue un suo brano scritto con Roversi, Ulisse coperto di sale.

Lucio e la parola ovvero il luogo preferito delle sue acrobazie, cantando liriche scritte da altri, che fossero Roberto Roversi appunto o Paola Pallottino (l’autrice di 4 marzo 1943). Lucio e il cinema: «passavano nottate – racconta Alemanno – a vedere film nella sala cinema nella sua casa. Mi costringeva alla visione dell’intera saga del Signore degli Anelli…».

Paolo Taviani lo aveva incontrato nei ’60 sul set di Carosello, e lo diresse nel 1967 in Sovversivi: «Uno studente mi chiedeva di consigliargli dei testi per scoprire i ’70: gli ho detto di ascoltare le canzoni di Lucio Dalla». Il film è anche una mappa sui luoghi del suo mondo; da Bologna alla Puglia dove sente forte le sue radici e poi le Isole Tremiti, fino alla Sicilia dell’Etna, uno degli ultimi viaggi e di cui Alemanno racconta nella parte finale. Ci sono vari modi di combattere la morte, lui la ignorava proprio come spiega Piera Degli Esposti: «Era molto pieno di futuro e di sorprese, non era adatto a morire. Sembrava che lui non avesse mai questo pensiero». Ma a infastidirlo più della morte: «Era la noia, era un po’ come me, entrambi un po’ degli scandalosi. Stare con lui era come andare ogni giorno in giostra…».