Sta facendo discutere, in America latina, un brutto episodio avvenuto nel mondo del calcio: esattamente in Cile, durante una partita tra il San Marcos di Arica e la Deportes Iquique. Al 45mo del primo tempo l’attaccante venezuelano Emilio Rentería segna con un magistrale colpo di testa il vantaggio per l’Arica. E corre a festeggiare a bordo campo.

I tifosi avversari cominciano a urlargli «negro», «scimmia» e altre bestialità razziste. Rentería scoppia in lacrime, e la scena fa il giro del mondo. L’arbitro sospende la partita e dà la vittoria all’Arica.

Una decisione inedita nella storia del calcio cileno, sostenuta dall’Associacion nacional de Futbol Profesional del Chile (Anfp) che annuncia «azioni implacabili» contro il razzismo.

Il governo ha ricevuto il calciatore al Palazzo della Moneda e si è scusato col Venezuela.

Scuse accettate e trasformate in un’occasione per discutere sullo sport e sui suoi valori, diversamente declinati in un paese che ne ha fatto un simbolo di riscatto e condivisione.

E la rete si scatena. Dai barrios di Caracas e di Santiago, sale forte un ritmo solidale: a contrastare i cori nazi e la barbarie nostrana.

E a far fischiare le orecchie a razzisti nuovi o (ta)vecchi.