Un marasma istituzionale. Un’ammuina per prender tempo e, nel mentre, continuare a riscuotere stipendi, diarie ed indennità. Uno “sfasciume”, parafrasando quel che scrisse Giustino Fortunato sulla morfologia della Calabria. Ma stavolta la regione frana sotto il peso di una classe dirigente predona ed inetta. Sono passati 4 mesi dalla condanna in primo grado a 6 anni di reclusione per l’ex presidente, Peppe Scopelliti (Ncd), quasi 100 giorni dalle sue dimissioni. Ma da allora è buio pesto. Non si conosce la data delle elezioni. E’ stata varata in fretta e furia una legge elettorale pasticciata quanto basta per farla dichiarare incostituzionale. Questo era lo scopo puramente dilatorio. E, infatti, il governo ha fatto subito ricorso alla Consulta.
Non poteva essere altrimenti. Circoscrizioni elettorali accorpate (da 5 a 3), premio di maggioranza attribuito mediante l’elezione col maggioritario di ben 6 dei 28 consiglieri regionali, inseriti nel listino collegato al candidato presidente. E poi lo scandalo sbarramenti: 4% per le liste coalizzate, 15% per i non coalizzati. Un’aberrazione, un mostro elettorale, un “porcellinum” in salsa calabra. Quanto ai candidati si assiste ad un tutti contro tutti in ambo gli schieramenti. Lo spettacolo peggiore lo offre il centrosinistra: renziani di primo conio contro neorenziani, cuperliani in libera uscita pronti ad accasarsi altrove.
E poi il dilemma: primarie sì o primarie no. Ufficialmente indette per la fine di settembre, in realtà molti scommettono che alla fine non si faranno. Intanto, ai nastri l’unico candidato già pronto non è del Pd ma di Sel: Gianni Speranza, sindaco di Lamezia. La cui candidatura ha scatenato le ire di colui che molti pensano sarà il candidato del Pd, catapultato da Roma (e da Renzi): Ernesto Carbone, pasdaran renziano, noto alle cronache per aver prestato una Smart a Renzi il giorno del giuramento. Carbone va dritto al punto: la candidatura di Speranza alle primarie. «Come si concilia la sua, legittima, aspirazione a correre alle primarie di coalizione con l’atteggiamento del suo partito in Senato? Presentare più di 5000 emendamenti non è fare opposizione, è fare ostruzionismo. Sono due cose diverse. C’è una profonda differenza fra chi decide di non condividere le riforme costituzionali, e magari fa proposte per migliorarle, da chi vuol bloccarle o rallentarle. Col primo si costruisce col secondo si distrugge. Sono due modi di far politica diversi. Inconciliabili. Sia chiaro – prosegue Carbone – con un mandato da 11 milioni di elettori non ci spaventa nulla, ma non ci piace chiudere gli occhi e far finta di nulla. Scegliamo. O Sel ritira i suoi 5000 emendamenti, presentati solo al fine di bloccare le riforme, altrimenti è inconciliabile qualsiasi forma di collaborazione. Primarie comprese».

24pol1f01 piccola gianni speranza
Un ricatto e una minaccia vera e propria. A cui ha risposto a stretto giro Nicola Fratoianni, coordinatore nazionale di Sel. «Frasi sconcertanti, evidentemente Carbone non è in grado di distinguere tra governo del territorio e governo del Paese. Sel è decisamente all’opposizione del governo delle piccole intese con Alfano e governa con la stessa decisione importanti enti nei quali senza Sel il centrosinistra non avrebbe vinto. Se Carbone – aggiunge – pensa di poter ricattarci fa un grosso errore perché porre come condizione per costruire una coalizione il ritiro degli emendamenti al Senato non è altro che un ricatto. In ogni caso voglio rassicurare Carbone: Sel non si omologa e non si rassegna, e il Pd se vuole può sempre proporre un’alleanza a Scopelliti».
E così mentre anche i grillini annaspano, divisi in fazioni, alla ricerca di un candidato, la destra non si azzuffa al suo interno e per questo rischia davvero di vincere. I boatos danno quasi certa la candidatura di Wanda Ferro (Fi), ex Msi, attuale presidente della provincia di Catanzaro. Intanto, a guidare la regione c’è la presidente reggente, Antonella Stasi (Ncd), vicina a Scopelliti e consorte del presidente di un’importante holding sanitaria-editoriale, il Gruppo Marrelli. Due giorni fa la sezione Lavoro del tribunale di Crotone ha condannato il gruppo a reintegrare una giornalista di Esperia Tv, Rossana Caccavo, licenziata senza giusta causa. La sua “colpa” per l’editore? Essersi iscritta al sindacato dei giornalisti e nominata fiduciaria di redazione. Sulla breccia, ad ogni modo, c’è sempre lui, Scopelliti che ieri è tornato ad attaccare il governo. Ha rivendicato i risultati della sua gestione da commissario straordinario alla Sanità e cercando di orientare la nomina del suo successore ha dichiarato: «Sia un tecnico, non un politico. E, tanto per esser chiari, finora nessuno mi ha detto che non sono più il commissario».