Tre ore al giorno di tregua al giorno: la Russia da oggi interromperà i raid su Aleppo dalle 10 alle 13 per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari e l’uscita dei civili dai corridoi predisposti la scorsa settimana. Una risposta, indiretta e parziale, all’Onu che ieri chiedeva l’immediato cessate il fuoco, almeno per due giorni.

«Tutte le ostilità, compresi attacchi di artiglieria e aviazione, dovranno cessare in quelle ore», ha detto il capo di Stato maggiore Rudskoi, che ha aggiunto che i convogli partiranno dalla Strada del Castello.

Mosca starebbe discutendo della gestione degli aiuti con Usa e Onu, che dovrebbe monitorare le operazioni. Se confermato, si tratterebbe di una forma di collaborazione inusuale per Aleppo. Fredda però la reazione giunta dal Palazzo di Vetro: «Esamineremo ogni tipo di suggerimento che permetta la consegna di aiuti. Ma sono necessarie due corsie e 48 ore per portare dentro abbastanza camion».

Quella che parte oggi resta infatti una finestra limitata e unilaterale, a cui probabilmente non corrisponderà un cessate il fuoco da parte delle opposizioni, laiche ma soprattutto islamiste. Sempre secondo Mosca, sarebbero circa 7mila i miliziani “ribelli” nella zona sud-ovest, dove pochi giorni fa l’occupazione della base di Ramousa ha rotto l’assedio governativo. Arrivano da Idlib, provincia quasi del tutto in mano all’ex al-Nusra, ma anche da Homs e Hama.

Così, mentre armi e miliziani continuano a posizionarsi intorno ad Aleppo, facendo presagire l’inizio a breve della battaglia decisiva, ieri nella capitale del nord si provava a festeggiare: per la prima volta da un mese i primi aiuti sono entrati nella parte orientale, controllata dalle opposizioni.

La comparsa di cibo (pomodori, uova, verdure fresche), ormai quasi del tutto assente, a bordo di camion ha scatenato la gioia. Non basteranno per tutti, 250-300mila civili intrappolati, ma ieri c’era spazio solo per le celebrazioni. Anche via social: in tanti pubblicano foto con in mano cartoni di uova e camion di pomodori.

Poco lontano la battaglia prosegue, con voci diverse che si accavallano. L’antica arte della propaganda di guerra: ognuno sbandiera la propria avanzata. Alla tv qatariota al Jazeera la milizia salafita Jaish al-Islam ha negato la perdita della zona di Ramousa: «Non ci siamo ritirati – dicono – Ieri il regime ha tentato per tre volte ma non ha la capacità militare per farlo». Il giorno prima era stata Damasco ad affermare di aver di nuovo chiuso la via di transito verso l’esterno.

E mentre i locali continuano a dire di vedere ogni giorno camion carichi di artiglieria entrare dalla frontiera turca in direzione Aleppo, Ankara fa orecchie da mercante e discute con la Russia. Nell’incontro di San Pietroburgo tra Erdogan e Putin la Siria è stata convitato di pietra: i due leader hanno rinviato tutto a incontri tra ministri degli Esteri e servizi segreti.

Ieri il ministro turco Cavusoglu ha annunciato la partenza per la Russia di un team di funzionari militari e ministeriali e l’apertura di una linea di comunicazione diretta per evitare “incidenti” simili a quelli dell’abbattimento del jet russo Su-24.