Quella di Ilaria Salis è sì una corsa per il seggio all’Eurocamera, ma è soprattutto «un modo per difendere il diritto al giusto processo» e non per «sfuggire alla giustizia». Roberto Salis, padre di Ilaria, torna nella sede del Parlamento europeo per la secondo volta quest’anno. Lo fa per presentare la candidatura della figlia, capolista nel collegio Nord ovest per Alleanza Verdi e Sinistra (Avs). Nell’ultimo incontro di pochi giorni fa nel carcere di Budapest, dove è rinchiusa, l’ha trovata «motivata e contenta per questa scelta: per Ilaria le elezioni rappresentano un modo per risolvere il suo dramma». Alla conferenza di presentazione, con Roberto Salis, un altro candidato Avs come l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, che l’ha definita «simbolo della dignità dei detenuti».

IL CASO SALIS torna alla ribalta a livello europeo proprio nel giorno in cui Budapest viene messa di nuovo sotto accusa dall’Ue. Dalla Commissione, che apre una procedura d’infrazione per la violazione delle regole sul diritto d’asilo, dall’Aula che approva (399 favorevoli, 117 contrari e 28 astensioni) una risoluzione che condanna Budapest per il mancato rispetto delle regole comunitarie sullo Stato di diritto. Oltre agli ungheresi dell’orbaniano Fidesz, i deputati FdI e Lega, rispettivamente nei gruppi Ecr e Id, si sono opposti in blocco. Da parte sua, Roberto Salis ha mosso rilievi non solo rispetto a Budapest ma anche ai meccanismi del diritto Ue ed internazionale. Ha ricordato la necessità di uguale trattamento di tutti i cittadini di fronte alla legge, inscritto nella Costituzione italiana, «che sarebbe bene allargare a tutti gli appartenenti all’Ue». Il sistema giudiziario non permette di fare appello alla Corte europea dei diritti umani (Cedu) prima che si compiano tutti i gradi di giudizio nel paese in cui il processo si svolge. «Così mia figlia rischia 24 anni di carcere» ha sottolineato.

SUBITO PRIMA dell’intervento di Salis, l’eurodeputata ungherese Eniko Gyori (Fidesz), aveva consegnato ai media la versione di Orban: la stampa italiana fa disinformazione, è la linea espressa dall’ex ambasciatrice a Roma e fedelissima del premier magiaro, i giornalisti italiani ignorano i fatti. Ed ecco le sue verità: neppure l’ombra di un nazista a Budapest, Salis e i suoi compagni hanno picchiato poveri passanti innocenti. Le manette alle caviglie? «In Ungheria il servizio penitenziario è obbligato a svolgere il proprio servizio, in base a un codice etico che prevede misure precise», che Gyori ha definito «proporzionali, proporzionate e necessarie» e perfino, al di là di ogni ragionevole evidenza, «rispettose delle norme Ue». La lunga carcerazione preventiva, in attesa di giudizio, non dovrebbe tuttavia trasformare anzitempo un imputato in condannato. Alla candidatura Salis non ci sarebbe contrarietà da parte ungherese (ma d’altronde, come potrebbe?) anche se, in merito alla scelta di Avs, l’eurodeputata commenta sprezzante: «Starà agli italiani giudicare se eleggere o meno chi ha commesso un crimine così grave». E comunque il parlamento di Strasburgo «è già pieno di criminali, accusati di corruzione».

ALTRO DISCORSO merita quanto potrebbe accadrebbe dopo l’eventuale elezione. Per quanto riguarda l’immunità di cui gode il parlamentare europeo, le regole ci sono: «La legge ungherese è diversa da quella italiana, da noi il candidato riceve subito l’immunità, mentre se sono bene informata, in Italia non è così» evidenzia Gyori, con una punta di orgoglio nazionalista. Se Ilaria Salis dovesse ottenere un seggio, «entrano in vigore le norme europee» anche se Salis «ha commesso questo grave reato prima di essere candidata». Insomma, per l’Ungheria la sentenza di condanna è già scritta, ma se eletta Ilaria Salis sarà libera. Il problema è che le regole europee rimandano alle legislazioni nazionali. Così le certezze ostentate dalla portavoce non ufficiale di Orban non sono sufficienti per decodificare una materia controversa. Non a caso l’esponente di Fidesz ricorda che, anche a proclamazione avvenuta, la magistratura ungherese potrà sempre fare richiesta di revoca dell’immunità parlamentare. Più che un’informazione, un avvertimento, in un paese dove il controllo del governo sulla magistratura, questo sì, è un fatto.