Quest’anno il Premio d’Israele per la Letteratura, il più importante del paese in ambito culturale, non sarà assegnato. È uno sviluppo clamoroso ma non inatteso. L’intervento a gamba tesa, il mese scorso, di Benyamin Netanyahu che, in qualità ministro dell’educazione ad interim, aveva contestato la composizione della giuria a suo dire composta da «estremisti di sinistra» e da «anti-sionisti», ha mandato a monte tutta l’organizzazione del premio. E decretato il suo annullamento. Il primo ministro ha raggiunto il suo obiettivo non dichiarato: impedire la possibile assegnazione del premio a chi lo contesta. Si sussurrava infatti che il riconoscimento sarebbe andato allo scrittore David Grossman, noto per le sue critiche alla politica di Netanyahu. «Molto spesso membri estremisti della giuria concedono premi ai loro amici», aveva postato il primo ministro su Facebook per giustificare il suo attacco. Aveva poi annunciato che il prossimo anno – dando così per scontata la sua riconferma alla guida del paese dopo le elezioni del 17 marzo – rivedrà personalmente i criteri per la scelta dei componenti della giuria.

Quelle intenzioni sono state respinte dal mondo della cultura e hanno provocato la decisione di Grossman di ritirare la sua candidatura. «La mossa di Netanyahu – ha dichiarato lo scrittore – è un sotterfugio cinico e distruttivo che viola la libertà di spirito, il pensiero e la creatività di Israele. Io rifiuto di cooperare con tutto ciò». Eppure qualche giorno fa Grossman a sorpresa, con una intervista concessa a un quotidiano italiano, è intervenuto a sostegno di Netanyahu, a proposito del programma nucleare iraniano. Secondo l’intellettuale il premier ha fatto bene a pronunciarsi davanti al Congresso americano contro l’accordo che l’Amministrazione Obama starebbe per raggiungere con Tehran. Grossman ha criticato gli Stati Uniti e il loro modo di portare avanti i negoziati e ha descritto l’Iran con parole di solito usate dalla destra ultranazionalista.

L’annullamento del Premio di Israele per la Letteratura ufficialmente è dovuto a circostanze «tecniche», ossia le dimissioni di quasi tutti i membri della giuria e l’impossibilità di nominarne una nuova, visto che l’interim del ministero dell’istruzione è scaduto per le elezioni previste tra una settimana. A nulla è servita la retromarcia fatta da Netanyahu al quale il consulente legale del governo Yehuda Weinstein aveva spiegato che il primo ministro non può interferire nella composizione delle giurie dei premi nazionali.

Tutto era cominciato un mese fa quando il premier aveva chiesto la rimozione di due accademici, Avner Holtzman e Ariel Hirschfeld, affermando che la sinistra mantiene da troppi anni il controllo della cultura d’Israele a danno delle altre componenti politiche e sociali. Sulla vicenda è intervenuto anche un altro noto scrittore israeliano, Abraham Yehoshua, che ha descritto il gesto del premier come «stupido e non necessario». Riferendosi al voto del 17 marzo, Yehoshua ha avvertito che «se dovesse prevalere ancora Netanyahu sarebbe una situazione difficile con lo stesso equilibrio precario di adesso».