Zitti e Zaia. Chi si ribella viene prima commissariato, poi forse anche espulso. Si fa come comanda il capo dell’altro presunto partito della nazione (lombardo veneta con inquietanti propaggini fasciste nel centro sud). Matteo Salvini non si discute. A Milano hanno messo in piedi un consiglio federale della Lega Nord che sembrava quasi lasciar presagire una clamorosa rottura con il sindaco “ribelle” di Verona.

 

Invece, riunito nella sede di via Bellerio, il vertice del partito ha votato all’unanimità la candidatura dell’attuale governatore del Veneto Luca Zaia per le regionali di giugno. Tutti, nessuno escluso, hanno convenuto che quella fosse la decisione migliore per non rischiare di perdere il Veneto e soprattutto per ricompattare il partito che rischiava di finire in pezzi nel suo momento migliore. Tutti, compreso il sindaco Flavio Tosi, che alla fine ha dovuto alzare le mani in segno di resa al diktat di Matteo Salvini. E dire che fino a poche ore prima aveva ipotizzato addirittura una sua candidatura a governatore del Veneto in contrapposizione a quella di Luca Zaia.

 

Quella di ieri non è stata una bella giornata per Flavio Tosi. Oltre ad essersi rimangiato i propositi bellicosi del giorno prima, il sindaco di Verona ha dovuto subire l’umiliazione di un ultimatum e anche una sorta di commissariamento del partito in Veneto. A sentire Matteo Salvini, vincitore su tutta la linea, è andata diversamente. Ma è proprio il suo tono bonario e conciliante e rivelare che in via Bellerio è andato in scena un vero e proprio processo contro l’unico leghista che ha osato sfidare il capo.

 

“E’ stato un bel consiglio federale – ha dichiarato un pacifico Salvini – perché ha vinto il Veneto e non Salvini. All’unanimità dei presenti Zaia è stato ricandidato governatore. Nessuno ha vinto in pieno, nessuno ha perso su tutta la linea, il movimento è compatto. E’ stata una giornata bella, lunga, intensa e partecipata. Si chiude dal punto di vista mio e penso di tutti con soddisfazione reciproca. Adesso si riparte dai progetti, dai contenuti e da come fare ancora meglio rispetto a quello già fatto. Si riparte dalla concretezza”.

 

Flavio Tosi forse sarà contento anche perché la Lega gli ha dato una settimana di tempo per scegliere tra la sua fondazione intitolata “Ricostruiamo il paese” e il partito. Le due cose, ha “suggerito” il massimo organo decisionale della Lega, sono incompatibili. Tosi dunque non ha scelta: o scioglie la sua fondazione politica a vocazione centrista o di fatto si mette fuori dal partito. Solo lunedì prossimo si capirà se il sindaco sarà disposto a capitolare su tutta linea in attesa di tempi migliori per tornare alla carica, magari dopo i risultati delle prossime elezioni. “Nel momento in cui una fondazione si mette contro la Lega – ha spiegato Gianmarco Centinaio, capogruppo della Lega in Senato – è normale che di debba poi scegliere. A questo punto ci sarà una settimana di tempo per gli iscritti a Lega e Fondazione per scegliere”. Per il buon Matteo Salvini, “prevarrà una scelta saggia, nessuno vorrà uscire dalla Lega”.

 

Un altro provvedimento che invece Flavio Tosi non ha potuto scegliere si chiama “commissario ad acta” per la gestione della Liga Veneta. Lo hanno nominato sempre ieri per vigilare durante la fase delle elezioni regionali. Si chiama Gianpaolo Dozzo, ha 61 anni e già in altre occasioni è stato utilizzato dal partito per dirimere questioni piuttosto importanti. Tosi commissariato? Macché, giurano i leghisti vicini al capo: “Dozzo è un veneto e non è un commissario, ma aiuterà Tosi, Zaia e Salvini a trovare una soluzione. E’ una questione veneta e decidono i veneti”. Sarà. Però Gianpaolo Dozzo, nel 2013, dopo cinque legislature, era stato escluso dalla liste proprio dal sindaco di Verona. Come ha precisato Salvini, “sarà un mediatore con l’ultima parola”. A Tosi lasceranno la penultima.

 

Non si è parlato solo di ridimensionamenti o di eventuali epurazioni ieri sera in via Bellerio. All’ordine del giorno c’erano anche le polemiche per la partecipazione di alcuni movimenti di estrema destra (Casa Pound) alla manifestazione di sabato scorso. Ma una volta zittito il dissidente Tosi, i vertici del partito non sembrano particolarmente scossi dai fascisti del secondo millennio. Anzi. “La piazza è di tutti”, ha commentato Roberto Maroni. Per il governatore della Lombardia “non ci sono problemi”, perché quello che conta “è il confronto su quello che la Lega dice, che non può essere catalogato come di destra, estrema destra, o di sinistra. Sono categorie del passato e noi poniamo una piattaforma politica per il futuro”.