Basterebbe menzionare per intero il titolo per comprendere le intenzioni di Paola Bacchetta e Laura Fantone che hanno curato il volume Femminismi queer postcoloniali. Critiche transnazionali all’omofobia, all’islamofobia e all’omonazionalismo (Ombre corte, pp. 214, euro 19). Già nella prefazione di Fantone, situata, personale e ricca di spunti bibliografici rigorosi, emerge l’esperienza della ricercatrice presso l’Università di California, nel campus di Berkeley e in particolar modo nel Beatrice Bain Research Group attraverso cui ha potuto seguire lo svolgersi di un ragionamento che comprende tre questioni: i diritti delle minoranze sessuali e di genere, l’islamofobia e le connessioni postcoloniali e transnazionali.

L’attento lavoro di assemblaggio e traduzione di alcuni contributi che non hanno avuto grande circolazione in Italia, restituisce il senso di un libro composito e animato dalla ferma intenzione di proporre una discussione pubblica mirata al posizionamento dinanzi alle differenze di etnia, classe, genere e religione. Per superare e rompere il facile dualismo tradizione/ progresso occidentale, foriero di notevoli disastri ancorché di numerose recrudescenze xenofobe e sessiste, le curatrici del volume si sono avvalse di parole autorevoli che riflettono «un progetto postcoloniale che caratterizza tutta la ricerca teorica e metodologica».

Come per esempio quelle di Jasbir K. Puar, docente di Women’s and Gender Studies alla Rutgers University, e Amit Rai che insegna New Media alla Queen Mary di Londra. Mostro terrorista frocio: la guerra al terrorismo e la produzione di patrioti docili è il titolo del loro intervento che offre, diremmo programmaticamente, la direzione del saggio offrendo la decostruzione di alcune retoriche in nome del patriottismo – pur sempre etero-normativo-, della «riduzione del danno» e della indagine intorno alla «psiche» del terrorista.

Per Ella Shohat, che insegna Studi islamici e Medio orientali alla Tisch School of the Arts della New York University, l’approccio multiprospettico «è fondamentale per il movimento femminista, per poter uscire oltre i confini nazionali» ma si domanda anche «quale tipo di mappa relazionale del sapere potrebbe contribuire a chiarire la negoziazione del genere e della sessualità così com’è recepita in contesti diversi, ma con un’enfasi su esperienze storiche e discorsive collegate tra loro, pur attraversando i confini?»

Di identità globali nella ipotesi di una teoria degli studi transnazionali sulla sessualità, scrivono invece Inderpal Grewal – docente a Yale e che si occupa di cultural studies e di genere in particolare tra Stati Uniti e Panjab, e Caren Kaplan, ugualmente impegnata nella ricerca e diffusione di Women’s studies. Nomi che hanno certamente circolato poco in Italia e che invece hanno contribuito notevolmente – soprattutto negli Stati Uniti – alla discussione.

Jacqui M. Alexander, che ha insegnato a lungo all’Università di Toronto, si sofferma in un denso contributo su Desideri imperiali/ utopie sessuali: il capitale bianco gay e il turismo transnazionale; mentre Jin Haritaworn, docente di Scienze ambientali in Canada, e Paola Bacchetta, scrivono dei Molti transatlantici: omo-nazionalismo, omo-transnazionalismo, teorie e pratiche femministe-queer-trans-di colore: un dialogo. Infine, ma non ultimo per importanza e cura, Trinh T. Minh-ha, regista di fama internazionale e docente a Berkeley di Gender Studies, imbastisce un intervento sulla «differenza» come questione speciale per le donne del Terzo Mondo. Si tratta quindi, come auspica Paola Bacchetta nella introduzione al volume, di favorire alleanze femministe transnazionali, soprattutto «nella nostra epoca di globalizzazione neoliberista», partendo dalla necessità di «interrogare il sistema dominante in cui siamo collocate, riconoscerne le particolarità, il contesto storico della sua produzione e le relazioni di potere che sottende o rende invisibili». Indubbiamente questo libro collettivo, pensato e rifinito da Bacchetta e Fantone, si inserisce in un percorso di ricerca, sia scientifico-accademica che pratico-politica, che può aprire ulteriori strade e modalità di confronto, non come un dibattito «importato» e fine a se stesso di cui non si sa niente in Italia, bensì come saldo desiderio di trovare elementi di scambio. Insomma, un utile vademecum intersezionale che funge da ulteriore mappa, senza frontiere.