Il «no» del ministro Nordio alla proposta Giachetti sulla liberazione anticipata speciale trova un supporter molto speciale: il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà, Felice Maurizio D’Ettore. Che ieri alla Camera, in Commissione Giustizia, ha definito la pdl presentata dal deputato di Iv per contrastare il sovraffollamento carcerario – con 60 giorni di sconto di pena anziché 45, per i detenuti con buona condotta – una «misura tampone» che da sola «non risolve» i problemi perché ha «un effetto deflattivo immediato, ma non rappresenta una risposta sistemica ampia». Come, spiega, «già sperimentato nel 2013, dopo la sentenza Torreggiani». Di più: secondo il Garante, docente di Diritto privato, l’«attribuzione al direttore di istituto della competenza a disporre la concessione della liberazione anticipata» rischia profili di «incostituzionalità».

Con 61.351 detenuti presenti ieri negli istituti penitenziari a fronte di una capienza effettiva di 47.190 posti disponibili, con 32 suicidi dall’inizio dell’anno, «604 tentati suicidi, di cui un numero notevole evitato grazie alla Polizia penitenziaria» e «3890 casi di autolesionismo», per rendere le carceri in linea con le leggi internazionali «ci vuole un approccio sistemico, non una singola misura», afferma D’Ettore. «Pur condividendo in generale le opzioni di semplificazione dei procedimenti e gli approcci pragmatici – puntualizza il Garante – intesi a raggiungere risultati concreti in tempi rapidi, come la situazione di affollamento attuale delle carceri italiane richiede, non sembra di poter accogliere una soluzione che, in sostanza, attribuisce ad un organo amministrativo quale è il direttore di istituto, un potere che si risolve in una “degiurisdizionalizzazione” del procedimento». Inoltre, un’eventuale impugnazione della decisione del direttore del carcere che neghi la concessione del beneficio potrebbe violare l’articolo 13 della Costituzione.

Secondo D’Ettore, bisogna invece «velocizzare le procedure anche per l’applicazione della legge 199/2010» che norma la detenzione domiciliare per i detenuti con pena residua non superiore a 18 mesi, «e fissare criteri di priorità nella trattazione degli uffici di sorveglianza».

La posizione del Garante di Fd’I trova il pieno consenso del M5S: «Siamo d’accordo e aggiungiamo che la soluzione non può essere l’ennesima misura svuota-carceri, quale è sostanzialmente la pdl Giachetti – affermano i deputati 5S della commissione Giustizia – Il sovraffollamento, peggiorato sotto il governo Meloni, e l’emergenza suicidi sono un dramma da affrontare con soluzioni strutturali e realmente risolutive. Abbiamo presentato un pacchetto di emendamenti per proporre l’istituzione in tutta Italia, anche presso strutture già esistenti, delle Case di comunità di reinserimento sociale, in cui mandare i detenuti che devono scontare fino ad un massimo di 12 mesi di pena residua». Si tratta, dicono, di strutture «istituite dal Ministero di Giustizia, con una capienza compresa tra 5 e 15 persone».

Dunque non strutture private, come le comunità alle quali il governo vorrebbe lasciare parte dell’esecuzione della pena. In più i pentastellati chiedono «anche un Fondo per sostenere il recupero e il reinserimento dei detenuti».