Penso che mai come oggi bisogna rendere onore alla storia partigiana e della liberazione, il che significa impegnarsi attivamente in quella cosa concreta che è la vita. Tristemente, non solo non si scende in piazza, ma persone che potrebbero essere delle casse di risonanza non si espongono. In troppi sono sconnessi dalla gravità del presente e quindi, si potrebbe cominciare proprio da piccole lotte partigiane, ovvero facendo ogni giorno qualcosa.

Mi sento estremamente in linea sull’urgenza di tenere insieme la lotta per i diritti, che si fa con i corpi, a quella per distruggere la guerra, contro le armi del capitale e del patriarcato. Sono colpita dal fatto che il nostro atteggiamento sia ancora così tiepido rispetto alla centralità di un vero e proprio genocidio che sta avvenendo dall’altra parte del Mediterraneo. Ad essere sincera, non riesco a dormirci la notte; non riesco a capire come possa trattarsi di qualcosa di secondario nella presa di parola pubblica di tante e tanti intellettuali. Ho quindi la sensazione che questo momento di grave fascismo diffuso che viviamo sia molto lontano da una vera giornata di liberazione: c’è, purtroppo, una grandissima sottovalutazione del lavoro politico quotidiano, di ciò che dovrebbe fare un artista, ovvero prendere parola il più possibile rispetto a ciò che accade nel mondo.

I GIORNI scorsi ero a Genova, per mettere in scena Pilade di Pasolini, che contiene una profezia fortissima che oggi risulta ancora più stridente, perché sembra rimandare direttamente a ciò che sta avvenendo in Palestina. Ad un certo punto nel testo c’è questa espressione che mi fa tremare ogni volta che la sento, pur conoscendola benissimo: «Criminali asciutti in questo mare di sangue». E questo essere asciutti in un mare di sangue è esattamente il privilegio che si lega alla nostra indifferenza e alla nostra mancanza di volontà di prendere posizioni antifasciste. La profezia poi va avanti, e quando Oreste chiede ad Atena, «Come si farà a sopportare tutto questo?» lei risponde «Non solo si potrà sopportare, si potrà anche dimenticare». Da sempre diciamo che il 25 aprile è una giornata di memoria attiva, quasi di reincarnazione: mi auguro che quest’anno, più che mai, ciò avvenga. Ricordandoci insieme che la linea di demarcazione tra oppressi e oppressori è ancora molto chiara, e ci chiede di prendere posizione.

*Regista teatrale, fondatrice della compagnia Bluemotion, attivista dello spazio indipendente Angelo Mai di Roma