Una mattina come le altre mi sveglio con un’Idea insolita: voglio filmare dei corpi nudi. Non ho fatto sogni erotici, non ho un’improvvisa smania di promiscuità, non ho visto film porno per caso ieri sera. Eppure, impellente, si affaccia l’Idea per un piccolo film che ha al centro la nudità umana. Non è da me (nota bacchettona) – mi dico – e passo avanti. Passano i mesi, si scrive, si traffica, si lotta ma, ogni tanto, birichina, l’Idea come una sirena si riaffaccia e mi fa la linguaccia.

Per mesi tento di seppellirla sotto la sabbia, la ricopro di abiti vecchi e rimorsi mai usati, per un po’ ho la meglio. Ma una mattina di ottobre, il clima ancora suadente, più forte di me l’Idea scappa fuori, si spoglia e mi obbliga a partire. Chiamo all’appello amici, conoscenti, persone che ritengo adatte all’avventura. La risposta è feconda, mi esalto, chiamo il mio uomo di fiducia per la fotografia e via, il dado è tratto.

Secondo weekend di ottobre. Sabato piove a dirotto. Sono previsti 10 partecipanti. Con ritardo arriva la prima coppia, A. e S., marito e moglie, amici cari di famiglia. Si daranno il cambio coi bambini (sono i miei idoli, li amo). S. è la prima: muta, confortevole nell’esperienza, le leggo sulle palpebre che se la gusta. A. è un’amica attrice, lattea, perfettamente in parte: una macchina da guerra. C. sta in silenzio, le membra da rigide si rilassano. Poi è il turno di A., il marito della coppia: si sveste tranquillo, con goliardia si intende con l’operatore, son matte risate.

G. è venuta perché alla lettura del mio sms le si è mosso dentro qualcosa. Parla, si muove un po’, alla fine medita. L. è l’unico altro uomo della giornata: occhio spalancato, spavaldo, baffo sudamericano in spolvero. C. è una delle mie migliori amiche ed è meraviglia. Gode. Sente il solletico della macchina come una carezza leggera: questo è quello che deve accadere.
Domenica il sole spacca il cielo. Ogni volta è una seduta – di autoanalisi, di gruppo, di coscienza. L. è una mamma di 3 figli che allatta; G. porta con sé il figlioletto di quasi 2 anni che gioca sul terrazzino col mio; A., altra attrice, liscia e bianca, posa sorridente come su un palcoscenico; poi quattro uomini uno dopo l’altro – A., R., M., B. – una successione di timidezza, fierezza, consapevolezza, spontanea arroganza. Ultima la più giovane, F., libera e bella, fisicità pura. Riprendere questi corpi, pure epidermidi su cui sono scritte storie, è stato un atto poetico, catartico, commovente.

Accompagnando alla toilette A., il marito della coppia, gli mostro l’origine di questa tentazione al nudismo. La fotografia di Spencer Tunick scattata il 28 aprile 2001 alle 6 di mattina a piazza Navona ad un centinaio di persone nude sdraiate per terra, tra cui me. Gli racconto che davanti alla cartolina-invito mi era scattato un click – dagli anni Settanta sopito, in opposizione all’anima freak dei miei genitori. «Beh, quel giorno c’eravamo anche noi!» Chi si somiglia si piglia. L’Idea ha vinto.

Fabianasargentini@alice.it