Aprite il forziere e mostrate a tutti i tesori dello sport. E’ l’invito che la Società italiana di storia dello sport rivolge al presidente del Coni Giovanni Malagò e al ministro dello sport Luca Lotti, perché diano vita a un centro nazionale degli archivi sportivi, visto che l’Italia è tra i pochi paesi d’Europa ad esserne privo. Presso la biblioteca del Coni a Roma (http://www.scuoladellosport.coni.it/scuoladellosport/biblioteca-e-risorse-editoriali/archivio-storico.html)
la più ampia in Italia specializzata nello sport, sono raccolti, grazie al lavoro iniziato nel 1940 da Bruno Zauli e Raniero Nicolai, circa 35 mila volumi e oltre 2 mila periodici, un patrimonio al quale sarebbe utile affiancare un servizio archivistico, il primo passo verso un Polo archivistico dello sport, come ci spiega Donato Tamblè, ex Soprindendente archivistico del Lazio, attualmente presidente del centro Studi Sports Records Archivi e Memoria dello sport: “La costruzione di un Polo archivistico dello sport, garantirebbe non solo la salvaguardia del patrimonio storico sportivo italiano, ma anche il diritto dei cittadini all’informazione e alla facile fruibilità della documentazione, oltre che alla conseguente formazione permanente, nelle varie fasce d’età, attraverso la conoscenza della storia dello sport. Lo sport è un elemento fondamentale della cultura e dell’identità nazionale, un Polo archivistico dello sport si pone come un istituto culturale pubblico con lo specifico obiettivo di dar vita a un Centro principale con sede a Roma e a varie altre sedi collegate nelle diverse regioni, al fine di mettere a disposizione degli studiosi (singoli ricercatori, cultori, scuole, istituti e centri di ricerca) della più ampia documentazione possibile per la storia dello sport italiano. Il Polo archivistico dello sport dovrebbe raccogliere quanto già censito dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio e dalle altre sedi regionali, incrementando il suo patrimonio con i vari fondi che di volta in volta saranno censiti e inventariati. La valorizzazione attraverso eventi e manifestazioni quali mostre documentarie, convegni, pubblicazioni e iniziative della promozione della conoscenza storica dello sport, anche in rapporto con i proprietari degli archivi depositati, si palesa come tra i più fruibili da parte degli utenti, ad incremento della popolarità insita nel fenomeno sportivo”. In alcune regioni, la sensibilità di singoli funzionari ha consentito di avviare il censimento degli archivi sportivi come il Rara avis, realizzato in Puglia nel 1997, seguito da un decennio, 2000-2009, di riordinamento dei principali organismi dello sport pugliese, grazie a Rosalba Catacchio, archivista sportiva di grande valore, già campionessa regionale di nuoto. Ancora oggi la Puglia è l’unica regione ad avere inventariato tutti gli archivi sportivi istituzionali, compresi quelli della facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Foggia e dell’ex Isef.
Negli altri paesi europei i centri archivistici nazionali sono strettamente collegati con quelli regionali e consentono agli studiosi di tutto il mondo di accedere con un semplice clic a documenti importanti della storia sportiva nazionale. Il Centro archivi di Helsinky Sports archives of Finland, (Saf) è lungo 1.200 metri lineari e raccoglie la documentazione proveniente dalle diverse organizzazioni sportive e dai privati, tutti i documenti sono liberamente consultabili anche attraverso internet. Per garantire la preservazione degli archivi, gli archivisti del Saf hanno organizzato corsi di records management per i rappresentanti e i funzionari delle società sportive finlandesi. Tra i più efficienti in Europa c’è il centro di Roubaix in Francia, diretto da Françoise Bosman, responsabile anche degli Archivi del Lavoro, che ha presentato un progetto di raccolta dei materiali sportivi. Oltralpe hanno dato vita a diversi progetti nell’ambito degli archivi sportivi, tra i quali “Mémos”, un Polo nazionale di archivi dello sport, risultato della collaborazione tra più organismi istituzionali: l’Accademia olimpica francese, che ha fatto da capofila, il ministero della Salute, della Gioventù e dello Sport, quello della Cultura, oltre al Comitato olimpico francese. E in Italia? Angela Teja, vicepresidente della Società italiana di storia dello sport, da anni porta avanti la battaglia per dar vita a un centro nazionale degli archivi dello sport, sul modello di altri centri europei: “E’ necessario non disperdere un patrimonio senza il quale lo sport non potrebbe essere conosciuto né diventare bene culturale anche in Italia, come in molte parti del mondo. Gli archivi offrono nuove conoscenze nel momento in cui si pubblicano inventari e guide, materiali utili agli utenti che si orientano alla lettura delle fonti, anche a quelle audiovisive. Per dare visibilità alle fonti esistenti e per conoscere con larga diffusione le trasformazioni che hanno mutato nel corso del tempo la semplice attività fisica in sport sociale, così come lo conosciamo e lo viviamo oggi, bisogna affrontare una sfida: “scovare” le carte, censirle per riportare a galla un patrimonio culturale sommerso, ancora sconosciuto ai più, ma di valore insostituibile per lo storico. In Italia la maggiore difficoltà consiste nel sapere dove si trovano gli archivi dello sport e dove si conserva la documentazione prodotta. Fino a oggi le categorie ufficiali di archiviazione, hanno ignorato il fenomeno sportivo, una situazione che ha fatto da pendant allo ‘sdegno’ accademico, che per anni ha colpito la storia dello sport, relegandola ai margini dell’indagine teoretica”.
Ma quanto costerebbe in Italia dar vita a un centro di archivi dello sport sul modello di Roubaix o di Helsinky? Se si escludono i locali, che il Coni non avrebbe difficoltà a reperire, visto che è proprietario di un ingente patrimonio immobiliare, occorrerebbero 500 mila euro, briciole rispetto ai 400 milioni che il Coni riceve ogni anno dallo Stato. Dunque, mano al portafoglio.