L’editoriale di Norma Rangeri «C’é vita a sinistra», ha il pregio di andare al nocciolo della questione. In un contesto ove il «benaltrismo» è assai diffuso ed è una delle facce dell’immobilismo, è una occasione da non sprecare.

In Italia non esiste una sinistra degna di questo nome per spessore di pensiero, qualità di proposta, massa critica. È una condanna eterna, una sorta di legge del contrappasso?

No, ma è una condizione reale che ha cause profonde. Lasciamo per un attimo da parte, senza dimenticarle mai, quelle più strutturali derivanti dalla devastazione operata nel tessuto sociale dai processi indotti dal moderno capitalismo e dal suo mantra neoliberista. Limitiamoci agli aspetti più propriamente politici.

Si diceva che la degenerazione del Pd avrebbe aperto praterie a sinistra. Sbagliato. Ha lasciato un deserto dove spontaneamente cresce solo il rancore. Questo si può anche tramutare in populismo più o meno teleguidato. Ma questo è in altre mani, in quelle di Renzi, nella versione più classica del populismo dall’alto, in quella di Grillo in una versione più ibrida, attraversata anche da spunti contradditori che andrebbero disarticolati, se esistesse una forza in grado di farlo. La strada del populismo di sinistra, oltre che incongrua per una sinistra di progetto, è comunque già abbondantemente occupata.

Che fare allora? Modelli cui ispirarsi non ce ne sono. Equivarrebbe a cercare la chiave sotto il lampione solo perché lì c’è la luce. Lo vediamo anche per le migliori esperienze in atto in Europa, nostro terreno privilegiato di scontro. Tsipras stesso ha pronunciato parole fin troppo dure e autocritiche rispetto alo stato della sua organizzazione, soprattutto in relazione alle nuove responsabilità di governo. Podemos sta ragionando sulla straordinaria occasione che le prossime elezioni potrebbero offrire. Ma qualche nuvola si sta addensando, come l’eventuale rottura tra la formazione di Iglesias e Izquierda Unida, che curverebbe a destra l’asse di una nuova possibile coalizione di governo.

Dobbiamo perciò fare da soli. La cosa più nociva è dare spazio alla contrapposizione dall’alto/dal basso; dai (micro)partiti/dai movimenti. La realtà è più acida.

Tra questi ultimi né gli uni né gli altri attraversano periodi di grande fulgore. Contrapporli è un suicidio. D’altro canto chi decide cos’é l’alto e cos’è il basso? Ogni ambito ha il suo. Nella sfera della politica, quanto entro i movimenti. Chi li pratica sa bene come il leaderismo alberga anche in questi ultimi.

Ad esempio se alcuni deputati si uniscono per formare un nuovo gruppo che si richiama all’Altra Europa con Tsipras, possono apparire l’alto, che so io, rispetto al movimento dell’occupazione delle case, ma sono il basso nel loro ambito, rispetto ai vertici e ceti politici dominanti nella politica politicienne. Infine chi ha qualche anno di vita politica alle spalle sa che frequentando partiti o movimenti finisce spesso per incontrarvi le stesse persone, anche se per fortuna non tutte e solo le stesse.

La divisione è quindi spesso artificiale o funzionale, antropologicamente inesistente.

È giusto allora chiedere che ognuno faccia quello che deve e può nella sua sfera d’azione e di influenza. Al massimo delle proprie capacità, senza contrapporsi ad altri livelli. Questo è il processo costituente.

Se riesce ad affondare le proprie radici nel tessuto sociale si può parlare anche di qualche cosa di più: di un potere costituente che si contrappone a quello costituito delle elites economico finanziarie, che alcuni chiameranno capitale globale, altri oligarchie. Ma, ai giorni nostri, non sarebbero differenze semantiche inconciliabili.

Per avviare questo processo c’è bisogno che qualcuno lo inizi. Spontaneamente non nasce. O ne nascono troppi, in lotta tra loro con fallimento incorporato.

Riunificare ciò che c’è alla sinistra del Pd e che si pone in alternativa ad esso, non è la soluzione del problema, ma può esserne una precondizione. Un segnale di controtendenza rispetto alla frammentazione. Un’operazione preventiva di igiene politica.

Il gramsciano spirito di scissione va esercitato su ben altre questioni, quali quelle che separano il renzismo e la morente socialdemocrazia europea da una sinistra. Non ha senso chiamarlo in causa per indorare la pillola della pura sopravvivenza di misere rendite di posizione.

Certo, ripresentare gli stessi volti più volte puniti dalle «dure lezioni della storia» non reggerebbe neppure per un’operazione minimale. La costruzione di un nuovo gruppo dirigente è consustanziale all’avvio del processo costituente. Per sapere se ci sono le figure adatte bisogna metterle alla prova. Non conosco altro metodo.