Solo le tragedie sono capaci di restituire a tutti gli altri problemi la loro giusta importanza. Se due giorni fa i giornali spagnoli erano pieni di commenti sulle elezioni in Andalusia o sulle indagini per la corruzione dei due principali partiti spagnoli, ieri improvvisamente la tragedia aveva occupato ogni spazio informativo. 150 persone morte in un volo di linea che univa Barcellona a Düsseldorf hanno sconvolto Spagna, Germania e Francia, sul cui territorio è avvenuto l’incidente.

Il volo 4U 9525 della Germanwings, la filiale low cost della Lufthansa, aveva lasciato l’aeroporto del Prat di Barcellona alle 9.55 di martedì mattina, con qualche minuto di ritardo, con 144 passeggeri, 2 bebè e sei membri dell’equipaggio. Alle 10.31, sorvolando le Alpi francesi, inizia una strana discesa, passando da 11mila metri di altitudine a circa 3000 in 8 minuti. Osservando l’improvvisa discesa, il centro di controllo francese cerca di mettersi in contatto con i piloti, senza successo. Non è chiaro cosa sta succedendo, l’unica cosa che si sa è che i piloti non lanciano nessun allarme. L’ultimo segnale il transponder dell’aereo lo manda alle 10.41.

Questa breve ricostruzione dei fatti è stata confermata ieri da Rémi Jouty, presidente dell’agenzia Bea francese, incaricata delle indagini aeree, durante una conferenza stampa alle 16. Nel frattempo sul posto sono arrivati i leader dei tre paesi a cui appartengono la maggior parte delle vittime. I soccorsi sono resi molto complicati dalla natura del terreno. Il paesino più vicino si trova a circa 10 km di terreno montagnoso dal luogo dell’impatto e le autorità avvertono che ci potrebbero volere giorni per recuperare i corpi e reperti fondamentali per le indagini. Ieri sera all’ora di andare in stampa non era ancora stata recuperata una delle due scatole nere, quella che registra i dati di bordo. L’altra, con le voci in cabina, era già nelle mani della Bea che durante la conferenza stampa ha confermato che contiene dati “leggibili” anche se con cautela ha detto che ci vorrà qualche giorno prima di poter dare informazioni attendibili. Alla domanda se si potessero riconoscere le voci dei piloti, Jouty non ha risposto.

In teoria sono aperte tutte le ipotesi, ma nelle ultime ore si sta restringendo il campo. Lo stesso Jouty ha scartato esplicitamente un blocco del motore o che il tempo possa essere stata una delle cause. Anche lo scenario di un’esplosione in volo è escluso, perché i resti dell’aereo sono troppo piccoli. Il presidente di Lufthansa ha dichiarato ieri sera in una conferenza stampa congiunta con l’amministratore delegato di Germanwings a Barcellona che «l’incidente è incomprensibile».

Molti osservatori, come per esempio alcuni piloti del blog PPrume (Professional Pilots Rumor Network, http://www.pprune.org) pur in assenza di dati certi e contrastabili, manifestano la possibilità che ci sia stata una depressurizzazione (forse dovuta a un impatto) che abbia costretto i piloti a una brusca manovra di discesa (a quell’altezza la percentuale di ossigeno nell’aria è troppo bassa, e ci sono pochi secondi prima di perdere la coscienza se non si indossano le maschere). Alcuni infatti parlano di piloti forse privi di sensi. Il che, secondo alcuni, spiegherebbe che il volo abbia proseguito in linea retta. Ma, come detto, tutte queste per ora sono illazioni.

Joan Hernández, pilota commerciale di linee aeree di stanza a Barcellona sentito dal Manifesto, conferma che la discesa è sì «rapida, ma non straordinaria, e forse è dovuta a una depressurizzazione esplosiva o comunque a un’emergenza». In caso di depressurizzazione «a quell’altezza ci sono solo 18 secondi di coscienza». Negli aerei attuali ci sono «dai 15 ai 22 minuti» di ossigeno, «abbastanza tempo per prendere la decisione, una volta arrivati all’altitudine di 3000 metri dove l’aria è di nuovo respirabile, di sviare il volo dall’ostacolo principale: le Alpi». Hernández ricorda che ci sono tre regole per il volo: «Volare, compito del pilota, e cioè in questo caso rimanere in aria e scendere di quota; navigare, cioè assicurarsi che non ci siano ostacoli, cercare gli aeroporti più vicini o dirigersi verso il mare, e calcolare il combustibile rimanente, compito del copilota; e comunicare, sempre compito del copilota». Sempre che aggiunge Hernández, «non ci fosse un problema nei sistemi di comunicazione».

Quello che è certo è che non appena saputo dell’incidente in Francia sono scattati i protocolli di emergenza (Hollande ha dato una conferenza stampa praticamente in contemporanea con l’uscita della notizia) e a Barcellona e Düsseldorf è stato immediatamente messo a disposizione delle famiglie e amici delle vittime personale qualificato per trattare in casi delicati come questi.

Come sempre, sono le storie personali a fissarsi nella mente: la navigazione aerea è così presente nelle nostre vite che ciascuna delle vittime potrebbe essere uno di noi. Su quella rotta viaggiavano in molti per lavoro, ma anche un’intera classe di sedicenni con i loro professori, di ritorno da un intercambio con una scuola catalana. O due cantanti d’opera che avevano appena finito di rappresentare il Sigrfrid al Teatro Liceu, una delle quali con il suo bebè. O la mamma che andava a trovare suo figlio in Erasmus. Martedì mattina non c’è stata nessuna impresa, ente o istituto in Catalogna che non abbia immediatamente controllato che fra i suoi dipendenti non ce ne fosse qualcuno in volo. Persino il presidente spagnolo Rajoy e il presidente catalano Mas per la prima volta da mesi si sono parlati al telefono per coordinarsi e per viaggiare assieme verso le Alpi.