Un uomo con un mantello scava una buca e vi seppellisce un sacco. All’orizzonte, nella campagna oscurata da nere nubi e pioggia, si vede Londra. L’uomo a cavallo attraversa una porta della città ed entra nell’obitorio dove giace il cadavere del padre con due monete adagiate negli occhi. Il figlio sussurra una frase in una lingua ignota per chi ascolta e poi, questa volta in inglese, chiede perdono per aver peccato. Questa la premessa che anticipa la sigla di Taboo, tutta giocata sull’elemento dell’acqua, con i protagonisti della nuova miniserie BBC, per il Regno Unito, e FX, per gli Stati uniti, presentati in una specie di evocativo mondo sommerso. È il 1814 e l’uomo che abbiamo visto all’inizio è James Keziah Delaney interpretato da Tom Hardy che insieme al padre Chips e Steven Knight (regista tra gli altri di Locke) è anche il creatore di un progetto tv ambizioso (otto episodi) al quale partecipa in veste di produttore esecutivo Ridley Scott.

Chi è James Delaney e da dove proviene? A undici anni era un eccezionale cadetto della Compagnia Britannica delle Indie Orientali e dal 1800 viene accusato di ogni genere di crimine. Nel momento in cui si presenta al funerale del padre, per la sorellastra si sono aperte le porte dell’inferno e per gli altri un morto ha fatto ritorno dall’Africa, il continente dove si era trasferito dal 1802.

Ritualità, formule misteriose, segreti, vergogna, scandali indicibili, follie ruotano intorno alla figura di James. Ma l’elemento narrativo che mette in moto tutta la vicenda è l’eredità che proprio a lui è stata sorprendentemente intestata. Oltre a una compagnia commerciale, James ora è il proprietario della baia di Nootka, nome della tribù di sua madre, un pezzo di terra comprato ai nativi per della polvere da sparo, dall’altra parte del mondo, che per la potente e spietata Compagnia Britannica delle Indie Orientali, in guerra con gli Stati Uniti, è ritenuto strategico. Di conseguenza, per nessun motivo quella striscia di terra può andare nelle mani di un fantasma definito un selvaggio che, si dice, mangia carne umana e parla con i morti.

L’unica persona della quale James si fida è Brace, il vecchio maggiordomo, che ha vissuto accanto al padre e che ora, al figlio, consiglia la ritirata, cioè di non immischiarsi nelle faccende della Compagnia. Ma James non lo ascolta, preferisce dare spazio alla follia. Molto curato nelle ambientazioni e misurato nell’alternare la storia cupa e misteriosa del protagonista con le vicende politiche, sociali ed economiche dell’epoca, Taboo disegna un mondo nel quale il marcio occupa quasi per intero i cuori di ogni individuo.

Nessuno pare innocente, né gli inglesi assetati di sangue che avvertono la progressiva minaccia portata dal nuovo mondo, né i personaggi borderline come James che provengono da un tempo arcaico, che sembravano superati e che invece si ripresentano come dei fantasmi a rimembrare gli orrori dell’umanità contro se stessa, dalle guerre allo schiavismo, dalla sopraffazione del prossimo al massacro pianificato di intere civiltà.