Il razzismo scende in campo e indossa maglie, calzettoni e pantaloncini. Siamo a Paravati, entroterra vibonese. Una partita del campionato di calcio calabro di terza categoria viene sospesa dall’arbitro al trentesimo della ripresa per un parapiglia tra i giocatori ospiti del Koa Bosco Rosarno, squadra formata interamente da migranti africani, e i locali della Vigor. I calciatori del Koa sono scortati dai carabinieri fino al pulmino mentre i tifosi locali gridano: “tornate al vostro paese”, “zingari”, “africani di merda”, “10,100,1000 barche affondate”. Il motivo della sospensione è presto detto. “Istigazione razziale” commenta sconsolato Domenico Bagalà, dirigente del Koa Bosco. La squadra è nata dopo la rivolta di Rosarno del 2010 “per promuovere il dialogo con gli immigrati” spiega Bagalà. Quest’anno è prima in classifica. “Il nostro problema è che la squadra vince” commenta Bagalà. Quella di sabato scorso è la terza aggressione consecutiva a sfondo razziale subita dalla squadra rosarnese.

Esasperati i dirigenti: “Siamo stanchi per tutto quello che sta succedendo”. Gli fa eco il capitano del Koa che vive in un container e viene sfruttato negli agrumeti. “Ci hanno chiamati ‘neri di merda, africani andate a raccogliere le arance‘. Devono capire che il calcio non conosce colore. Chi è più bravo deve vincere”. Molti dei suoi compagni sono musulmani come il portiere che viene da Dakar: “Hanno offeso mia madre che è morta, ma anche Allah e Maometto”. Una brutta storia in cui entra a gamba tesa Forza nuova che tra il serio e il faceto invita il prefetto e il Viminale a intervenire in quanto ci sarebbero “collegamenti tra i fatti di Paravati e le rivolte dei migranti nei centri di prima accoglienza di Briatico e Crotone”.

A stretto giro arriva la risposta dei movimenti antirazzisti della piana di Gioia Tauro: “Solo chi non conosce la realtà può credere alle fandonie di Forza Nuova. Il Koa Bosco è un esempio di integrazione che dovrebbe fare scuola in tutta Italia. Le persone che vengono nel nostro territorio, per lavorarci o anche solo per attraversarlo, sono portatrici di cultura e umanità. Se si dà loro la possibilità di esprimerle, arricchiranno una terra sempre più povera di abitanti e di gioventù come la Calabria” spiegano al manifesto gli attivisti di Sos Rosarno. “Approfittiamo per esprimere la solidarietà ai migranti che nella nostra regione vengono ospitati in base alle norme del diritto internazionale e non in base alla carità dello stato, che anzi spesso li lascia morire in mare. Ciò che le istituzioni dovrebbero perseguire sono piuttosto le speculazioni che attorno a questo diritto costruiscono faccendieri spregiudicati che si sono buttati nel business dell’accoglienza. Noi costruiamo una Calabria nuova e più giusta e per questo siamo a fianco del Koa, con i suoi calciatori e con chiunque aggredito ingiustamente si autodifende, contro le strumentalizzazioni dei lupi che vogliono farsi passare per agnelli. E ci domandiamo dove sono i democratici calabresi, quelli di partito, quelli di governo o anche semplicemente quelli che si definiscono tali per coscienza. Perché non prendono posizione?”. A Paravati non ci stanno ad essere etichettati come razzisti. “Hanno iniziato loro” afferma Dario Pontoriero, presidente della Vigor. E accusa gli avversari di aver provocato non solo la rissa, ma anche gli insulti: “Un giocatore della Koa è stato espulso per aver spinto l’arbitro. Un altro ha dato un pugno al nostro capitano”. Anche le parole razziste dei tifosi, secondo Pontoriero, sarebbero state una reazione a gesti provocatori dei giocatori immigrati: “La squadra respinge le accuse di razzismo. Abbiamo solo subito”.