Andreas Lubitz, 28 anni, copilota dell’Airbus della Germanwings nel volo Barcellona-Düsseldorf crollato sulle montagne dell’Alta Provenza martedì a metà mattinata con 150 persone a bordo, è al centro dell’inchiesta. È considerato responsabile di «un’azione che può essere considerata soltanto volontaria», secondo il procuratore della Repubblica di Marsiglia, Brice Robin: quando il pilota si è assentato per un bisogno fisiologico, dopo un briefing per l’atterraggio con il collega a un’ora e mezza di volo, il copilota ha chiuso la cabina di pilotaggio e «si è rifiutato di aprire la porta» quando il comandante ha bussato, prima leggermente poi con forza, e ha “azionato il pulsante della perdita di altitudine”.

Sono le rivelazioni di una delle due scatole nere, quella che registra le conversazioni in cabina di pilotaggio, che era stata reperita la vigilia, danneggiata ma sfruttabile. Sono registrati tutti i momenti, dal decollo allo schianto. «Nei primi venti minuti, la conversazione è normale, addirittura allegra», dice Robin. Ma poi qualcosa comincia a non funzionare. Il comandante propone il briefing per l’atterraggio e le risposte di Lubitz «appaiono laconiche».

Il presidente di Lufthansa, Carsten Spohn, afferma che «non sappiamo le motivazioni» del comportamento di Lubitz. «Sembra inimmaginabile che una tale tragedia possa prodursi nella nostra società» ha spiegato. La Lufthansa, casa madre della low cost Germanwings, «seleziona con grandissima cura gli equipaggi», Lubitz, alla Gemanwings dal 2013, aveva 630 ore di volo ed era «al 100% in grado di pilotare l’areo», ha precisato il presidente della compagnia tedesca, aveva passato tutti i test di routine, compresi quelli medici e psicologici.

[do action=”citazione”]Per il ministro degli interni tedesco, «non c’è un contesto terroristico». Merkel: «atto inconcepibile». Rajoy: «sconvolto»[/do]

Aveva ripreso la formazione da pilota, dopo una sospensione di qualche mese nel 2009, per un burn out, sostengono dei conoscenti. Si è trattato di un suicidio? Lubitz non era schedato, «non c’è un contesto terrorista», ha affermato il ministro degli interni tedesco, Thomas de Maizière. Il governo tedesco ha aperto un’inchiesta sulla salute mentale di Lubitz, mentre l’ipotesi terroristica non viene scartata. La famiglia di Lubitz, che è in Francia ma tenuta lontana dai parenti dei passeggeri, è stata interrogata dalla polizia ed è ora sotto speciale protezione. Per Angela Merkel, che ha promesso che «il governo tedesco farà tutto il possibile». Il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, dopo le rivelazioni su Lubitz, si è detto «sconvolto».

Lubitz non ha aperto la porta al comandante e non ha più risposto alla torre di controllo. In quel momento, il copilota è solo al comando. È una situazione «abituale» spiega un pilota dell’A320, «succede tutti i giorni». Il comandante di bordo non ha potuto accedere alla cabina di pilotaggio perché la porta, blindata, è stata bloccata dall’interno. È l’effetto perverso della sicurezza imposta dappertutto nel mondo dopo l’11 settembre. I piloti avevano chiesto la presenza di un terzo pilota, per evitare che un componente del comando di bordo si trovasse solo nella cabina di pilotaggio. Ma per ragioni di risparmio le compagnie hanno rifiutato, almeno sui voli a medio raggio (ieri Norvegian Air Shuttle, la canadese Air Transat e EasyJet hanno annunciato l’obbligo della presenza continua di due persone in cabina di pilotaggio).

Quando un componente della cabina esce, la porta si chiude e per rientrare, dopo essersi fatti riconoscere, l’apertura deve venire azionata dall’interno. C’è anche un codice, che permette di aprire in caso di malore del pilota rimasto in cabina. Ma Lubitz non ha avuto un malore: lo esclude la registrazione, da cui risulta un respiro normale «non il respiro di qualcuno che ha avuto un infarto», ha precisato il procuratore Robin. Il meccanismo di apertura d’emergenza, del resto, può essere messo fuori uso dall’interno, proprio per evitare un’intrusione (in caso di attacco terrorista, per esempio). Non ci sono più contatti con la torre di controllo nei minuti durante i quali Lubitz è solo in cabina di comando. Non c’è stato nessun messaggio di allerta da parte dell’areo, tipo «Mayday», ha precisato Robin.

Dalla torre individuano l’anomalia della discesa. Viene chiesta la collaborazione di altri Airbus in volo nella zona. A bordo, si è acceso l’allarme che segnala la discesa. I passeggeri, però, secondo Robin, avrebbero «realizzato solo all’ultimo momento cosa stava succedendo». La scatola nera ha registrato delle «grida». Poi l’aereo si è schiantato sulla montagna. Il mistero è ancora tutto da svelare. «Malgrado tutte le norme che applichiamo – si è giustificato il presidente di Lufthansa, Spohr – non potremo mai impedire che un tale avvenimento abbia luogo». Continua intanto il lavoro di recupero dei resti, materiali e umani. C’è stata una cerimonia al Vernet, vicino al luogo della tragedia, con le bandiere dei 18 paesi di nazionalità delle vittime. È stata posta una stele di commemorazione.