C’è una frase in cui Alexis Tsipras ha condensato il senso della sua visita a Mosca: «Non siamo una colonia di debito». La Grecia respinge con tenacia le maldestre pressioni e gli attacchi isterici di chi «si era abitutato male con i governi precedenti». È un paese «sovrano», che rispetta i suoi impegni internazionali e ha tutto il diritto e la volontà di promuove una politica estera «multilaterale» e «multidimensionale», in piena autonomia. In particolare con i paesi, come la Russia, con cui i greci hanno «profonde relazioni culturali, religiose e spirituali» a partire dalla «stessa fede nel cristianesimo ortodosso», ma rinsaldati anche nella «comune lotta contro il fascismo» 70 anni fa.

E se a qualcuno tutto questo non piace e minaccia di espellere la Grecia dall’eurozona, per Tsipras farà del male a se stesso: «Siamo tutti sulla stessa nave dell’Unione Europea. Se cominciamo a buttare i passeggeri al mare, allora la nave andrà a sbattere sugli scogli».

Ecco tracciato il nuovo ambito geopolitico che il governo di sinistra greco vuole disegnare, sfruttando il più possibile la sua collocazione strategica nel Mediterraneo orientale. Nessuna rottura nè con l’Unione Europea né con la Nato, che peraltro Mosca stessa non desidera. Ma una decisa affermazione di autonomia, nel tentativo di costituire un «tramite», un «ponte» nei rapporti tra l’Europa e la Russia. In altre parole, ridare al vecchio continente il suo proprio ruolo politico di interlocutore privilegiato di Mosca, facendolo uscire dall’isteria antirussa dominante in ambito atlantico.

Putin non poteva sentire parole più dolci. Ha regalato ai greci una dichiarazione in favore di Cipro, che deve risolvere il problema della sua riunificazione «senza interferenze esterne» (vedi Turchia). E ha assicurato la sua intenzione di accogliere l’invito di Atene per una maggiore cooperazione economica. La Grecia parteciperà al progetto di Turkish Stream con un suo proprio condotto che porterà il gas russo dalle frontiere turche verso la Repubblica ex jugoslava di Macedonia e da lì attraverso la Serbia verso l’Ungheria, l’altro alleato di Putin nel cuore dell’Europa. La relativa dichiarazione d’intenti è stata sottoscritta – con tempismo perfetto – proprio ieri mattina dal ministro degli Esteri greco Nikos Kotzias a Budapest.

Ma la collaborazione energetica sarà ancora più ampia. Gazprom ha mostrato interesse per le riserve sottomarine nella Zona Economica Esclusiva greca (da definirsi al più presto) nello Ionio e a sud di Creta. E se

Mosca riuscirà a far rinsavire il sultano di Ankara, sempre più in preda a deliri imperiali, ci potrà essere anche un accordo nell’Egeo.

Atene offre ai russi anche alcune infrastrutture in via di privatizzazione. Non più il modello Samaras (totale svendita a multinazionali europee associate agli oligarchi greci) ma una joint venture con golden share per lo stato greco. A Mosca interessa il porto di Salonicco, vera porta verso i Balcani, ma anche la disastrata rete ferroviaria greca, magari in associazione con la Cina.

Nessuna richiesta di soldi, quindi, («non siamo mendicanti», ha detto Tsipras) e neanche il ribaltamento delle alleanze che si paventava alla vigilia. Solo una sana aria di buon senso e ragionevolezza, con l’occhio puntato agli interessi greci. Intanto sull’Ucraina: Putin ha riconfermato la sua ferma volontà di rispettare gli accordi di Minsk e di cercare una soluzione negoziale del conflitto interno al paese vicino. Tsipras ha ricordato (per la prima volta) l’interesse greco verso la questione, dal momento che il conflitto si abbatte su qualche centinaio di migliaia di «cittadini ucraini di origine greca». Le sanzioni europee sono controproducenti e «non portano da nessuna parte».

In cambio, la Russia sta per togliere del tutto le controsanzioni alle esportazioni agroalimentari greche (ma anche cipriote e ungheresi). Federica Mogherini, da ministro degli Esteri, aveva tentato di seguire la stessa strada ma era stata immediatamente linciata. Speriamo che ora, con la sua nuova qualifica, trovi in coraggio di insistere.

Bisogna notare che il riavvicinamento di Atene verso Mosca non è un’idea balzana della sinistra radicale greca. Già nel decennio precedente un premier di centrodestra, Kostas Karamanlis, aveva cercato di seguire la stessa strada. Ma alla fine non ha potuto resistere alle pressioni interne e internazionali e ha ceduto. Poi sono arrivati i governi della troika, con ultimo quello di Samaras, che avevano rinunciato del tutto a qualsiasi iniziativa che non fosse più che gradita a Berlino.

Questo spiegava ieri l’evidente soddisfazione dell’opinione pubblica greca, che finalmente vede rinsaldarsi il legame naturale con un popolo considerato vicino e amico, conosciuto fin dagli albori di Bisanzio. Ma anche l’affermazione orgogliosa di una politica estera indipendente, capace di parlare con le grandi potenze senza chinare la testa.