La Turchia si è fermata. È il tempo del dolore e del ricordo delle 97 vittime (128 secondo il partito filo-kurdo Hdp) della doppia esplosione di Ankara dello scorso sabato. Tra i morti, Tevriz Dora e Helin Sen, di 5 e 9 anni; decine sono gli affiliati della sinistra filo-kurda uccisi dalle esplosioni, tra loro la candidata Hdp nel collegio di Istanbul, Kubra Mullaoglu. Il suo funerale è stato il più partecipato, nella piccola moschea Bayraktar, tra le stradine strette del quartiere Egitim, sulla sponda asiatica di Istanbul. Vi ha preso parte anche il leader carismatico di Hdp. «Il premier ha mentito. Degli attentati di Suruç e Diyarbakir non sono mai stati trovati i veri colpevoli», ha accusato. Tra le vittime si conta anche Meryem Bulut, impegnata nelle proteste per ritrovare i desaparesidos degli anni Novanta.

Scioperi, boicottaggi, marce e manifestazioni si sono svolte in parallelo ai funerali delle vittime. Le principali sigle sindacali del paese dalla Confederazione progressista (Disk) al Sindacato del pubblico impiego (Kesk) fino agli ordini dei medici (Ttb), di ingegneri e architetti (Tmmob), hanno chiamato i loro iscritti a due giorni di sciopero generale dopo il massacro che ha colpito la manifestazione per la Pace, democrazia e lavoro, finita nel sangue. «Siamo in lutto, in protesta, in sciopero», si leggeva sugli striscioni di alcuni manifestanti che hanno marciato fino al palazzo del Comune di Istanbul in piazza Maltepe. Una piccola cerimonia in ricordo delle vittime si è svolta fuori all’Università medica di Istanbul nel quartiere Fatih.

Alcuni avvocati hanno cantato slogan contro il governo in una manifestazione davanti alla Corte nel quartiere di Kagithane. Un numero senza precedenti di studenti non sono entrati in classe, inclusa l’Accademia di di Belle Arti, le Università Bogazici, di Marmara e gli istituti tecnici di Istanbul e Ankara. Di fronte alla stazione della capitale, dove sono avvenute le esplosioni, gli iscritti alle confederazioni sindacali tenevano corone di fiori in ricordo delle vittime. «Erdogan assassino» e «Lo stato assassino pagherà», erano alcuni degli slogan che echeggiavano in piazza. Eppure anche ieri un allarme bomba è scattato nella metro della capitale turca dove la tensione è alle stelle. Nella città costiera di Adana, gli scritti ai sindacati e agli ordini professionali, insieme alle organizzazioni della società civile, hanno marciato verso la piazza principale contro gli attentati di Ankara. Anche i leader locali del Partito repubblicano (Chp) e della sinistra filo-kurda (Hdp) hanno preso parte alle manifestazioni di Adana.

Una toccante cerimonia di gruppo per gli undici iscritti al partito kemalista (Chp), morti nell’attentato, si è svolta nella provincia di Malatya, alla presenza del leader del partito Kilicdaroglu. Tutti i partiti politici turchi hanno deciso di sospendere i comizi previsti per la campagna elettorale in vista del voto anticipato del prossimo primo novembre. Anche il Partito dei lavoratori kurdi (Pkk), la scorsa domenica, aveva dichiarato il cessate il fuoco unilaterale fino al giorno del voto.

«Non saremo la nuova Siria», ha assicurato il premier in pectore, Ahmet Davutoglu. Le indagini, secondo quanto ha anticipato, confermerebbero il coinvolgimento negli attacchi di affiliati dello Stato islamico, riparatisi in Turchia dalla Siria. «Stiamo eseguendo test del Dna sui responsabili degli attentati suicidi. Siamo vicini al nome di un sospettato», ha detto Davutoglu. Il premier ha anche risposto alle polemiche sulle connivenze tra Isis e Servizi segreti turchi (Mit) e la negligenza delle forze di sicurezza che non hanno sventato l’attacco. «Le indagini sono in corso», ha chiosato Davutoglu. Il premier ha confermato che il voto del primo novembre si terrà in ogni caso e non verrà posticipato. Il leader di Akp ha criticato poi le accuse di «terrorismo di stato», mosse dagli altri partiti.

In vista delle elezioni, in caso di sconfitta per Erdogan si prepara la strada per un governo di coalizione che questa volta non potrà essere boicottato da Giustizia e Sviluppo (Akp), il partito islamista moderato del presidente che aveva in precedenza fatto saltare il tavolo negoziale con i repubblicani. Tuttavia, lo scopo di Erdogan sarebbe quello di accrescere la sua base elettorale per poter ottenere la maggioranza assoluta in parlamento e procedere con riforme costituzionali presidenzialiste. Gli attacchi del 10 ottobre però ridimensionano le aspettative di Erdogan che ha di sicuro esagerato con la repressione dei movimenti filo-kurdi e della stampa indipendente tanto da creare un clima incandescente e un conflitto sociale senza precedenti.

L’attentato del 9 ottobre scorso aveva molti punti in comune con le bombe di Diyarbakir che hanno ucciso 5 persone lo scorso giugno e l’esplosione al centro culturale Amara di Suruç, costato la vita a 33 giovani che portavano aiuti a Kobane, del luglio scorso. Ad Ankara sarebbe entrato in azione il fratello di uno degli attentatori di Suruç. Gli occhi sono puntati sulla cellula da cui proviene, provincia orientale di Adiyaman. Ma a rafforzare i sospetti c’è anche il tipo di esplosivo utilizzato, simile a quello di Suruç. Le autorità turche per mesi hanno appoggiato Isis in funzione anti-Assad permettendo rifornimenti di armi e di uomini al confine con la Siria, mentre Kobane è ancora in assedio permanente nonostante la grave crisi umanitaria.