La montagna d’inverno non è fatta solo per lo sci di discesa. Ed è opportuno, anzi, che chi governa inizi a studiare le alternative, come le 73 buone pratiche censite da Legambiente nel rapporto Nevediversa. È a partire dall’evidenza che c’è già chi sta sperimentando un’alternativa alla neve artificiale, che l’associazione ambientalista chiede al Governo Meloni di stanziare più fondi per il turismo dolce in quota «e che si prevedano azioni di mitigazione alla crisi climatica nelle aree montane, accompagnando i gestori degli impianti in questo percorso di riconversione».

TRA GLI ESEMPI C’E’ QUELLO della Val Maira, in Piemonte: accoglie ogni inverno turisti da tutta Europa proprio perché è una vallata vergine, che non ha impianti di risalita. Lo sci di fondo trova invece ampio spazio sui tracciati della valle, che costituiscono quasi una spina dorsale sciistica lungo la quale si trovano alberghi, affittacamere, aziende agrituristiche, posti tappa, rifugi, ristoranti, trattorie, locande tipiche occitane e bed and breakfast.

SULLE PREALPI VENETE, invece, c’è Recoaro Mille (Vi), una località nata e sviluppatasi attorno allo sci. Nel nome, la modesta quota dove si sviluppano le piste (comprese tra i 1000 metri del paese e i 1610 m s.l.m. di Monte Falcone): dal 2016 gli impianti hanno chiuso i battenti. Quella che sembrava una località spacciata, senza speranza e senza futuro sta provando a risollevarsi grazie allo spirito di iniziativa di alcuni imprenditori e cittadini, capaci di guardare oltre i cavi d’acciaio e i piloni. Ha così riaperto il Rifugio Gingerino: per raggiungerlo, in assenza di impianti di risalita, è necessario percorrere con le proprie gambe 600 metri di dislivello. «Ciononostante, grazie alla cura del gestore e alla sua capacità comunicativa, oggi il Gingerino è una tappa fissa per gli escursionisti e gli scialpinisti locali. Questi, spesso e volentieri, lo raggiungono in serata per una cena decisamente panoramica» spiega Nevediversa. Anche il vicino Rifugio Valdagno s’è reinventato mettendo a disposizione dei clienti un servizio guide per escursioni e gite in bicicletta.

IN APPENNINO, UNO DEGLI ESEMPI citati è quello della Majella, in Abruzzo: il Parco nazionale, in collaborazione con partner del settore pubblico e privato, si è fatto promotore dell’individuazione e realizzazione di appositi percorsi riservati allo sci di fondo escursionismo ed alle racchette da neve. In tutto si sono individuati 6 itinerari alla portata di tutti gli appassionati di neve e natura, per rendere il connubio tra Parco e turismo invernale una importante realtà. Si tratta di oltre 70 km di percorsi per lo sci di fondo-escursionistico e le ciaspole forniti di pannelli informativi, e segnaletica verticale per i due itinerari all’interno della bellissima faggeta di Lama Bianca a Sant’Eufemia a Majella e del Bosco di Sant’Antonio.

TRA LE TANTE STORIE ITALIANE, Legambiente ne cita anche una Svizzera. Perché il monte Tamaro, una piccola stazione del Canton Ticino, costruita negli anni 70 su un versante assolato dell’alpe Foppa, tra i 1100 e i 1600 metri, nel 2003 ha deciso di rinunciare al tradizionale turismo invernale. Dopo anni di bilanci in perdita per via della mancanza di neve, scartata l’idea di ricorrere alla neve artificiale, troppo costosa e insicura con l’aumento delle temperature, si è deciso di chiudere con lo sci. Smontati i cinque ski-lift, ha moltiplicato le attività che si possono fare arrivati in cima alla funivia, in funzione tutto l’anno: dalle passeggiate con le racchette in inverno, a percorsi di trekking in estate, dal parapendio a corsi di orientamento. Una scelta che sta premiando le strutture ricettive. Oltre vent’anni fa è stata tra le prime aree ad abbandonare a reinventarsi. Ora le presenze sono 100 mila, fra aprile e settembre, «prova che cambiare si può».