Nel mezzo della bufera scatenata dall’audio in cui arringava 300 sindaci per il Sì al referendum elogiando le politiche clientelari, il governatore Vincenzo De Luca decretò: «Mi attaccano perché la Campania è decisiva per la vittoria al referendum costituzionale». Da allora la regione si è trasformata nella Florida d’Italia, ago della bilancia del voto di domenica.

Si tratta del bacino di voti più consistente del Sud, di poco inferiore a quello del Lazio. Matteo Renzi ha puntato molto sulla conquista di Napoli, l’incubo del Pd alle scorse comunali. Ieri sera è tornato in città: la terza volta in poco più di un mese, la sesta in Campania. Come la ministra Maria Elena Boschi mercoledì scorso al teatro San Carlo, anche il premier ha trovato a Fuorigrotta gli attivisti dei movimenti a contestarlo. De Luca, intanto, da una settimana taglia nastri: la riapertura del teatro Trianon; l’inaugurazione del nuovo triage dell’ospedale Pellegrini e del pronto soccorso di Giugliano; ieri la rimozione delle ecoballe da Marcianise. Non è più il preferito del premier, dopo una lunga sequenza di dichiarazioni imbarazzanti, ma sarà tutto dimenticato se arriverà la vittoria in Campania. Oggi il ministro Angelino Alfano verrà a siglare la pace con la Deputazione della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro. Vale tutto per un Sì.

Ieri a Napoli c’era anche chi è schierato per il No. Al teatro Sannazaro, convocati dall’Anpi, la minoranza Pd di Sinistra riformista con il parlamentare Roberto Speranza, il consigliere regionale Gianluca Daniele e l’eurodeputato Massimo Paolucci; i parlamentari di Sinistra italiana Peppe De Cristofaro, Giancarlo Giordano e Arturo Scotto; il sindaco Luigi de Magistris e il commissario della Cgil Napoli, Walter Schiavella. Uniti sul voto di domenica ma divisi rispetto all’appoggio al governo: «E’ molto importante – ha spiegato Daniele – che la sinistra meridionale abbia ritrovato la condivisione sulla difesa della Costituzione, del lavoro, delle politiche sociali. Questo fa bene al Pd, che ha l’occasione di ritrovare il dialogo con il suo pezzo di elettorato orientato a votare No». Niente strappi per Speranza ma «con la riforma il Sud sarà più solo. I fondi Ue non possono essere considerati un favore perché sono un diritto. Verticalizzare la forma di governo non mette al riparo la democrazia dalle destre e non è criticando Virginia Raggi o il caso firme che si prosciuga il campo dei 5 Stelle. Voto No per evitare che ci siano troppi poteri in mano a uno solo, il problema non è Renzi ma cosa arriverà i prossimi anni». Secondo de Magistris «Renzi è l’uomo della casta per eccellenza, consuma delitti politici insieme al presidente della regione, offende chi la pensa diversamente».

A Santa Chiara c’erano i 5 Stelle. «Se vince il No – ha detto Roberto Fico – mi aspetto una grande festa degli italiani, magari sotto Palazzo Chigi. Poi se qualcuno fa le valigie siamo contenti». Luigi Di Maio è passato prima dalla sua Pomigliano d’Arco a fare informazione porta a porta: «Vogliono toglierci il diritto di voto al senato, dare l’immunità a una nuova classe di consiglieri regionali e sindaci. E’ stata una campagna elettorale piena di bugie, Renzi ha esibito addirittura una scheda elettorale che non esisterà mai del futuro Senato». E ancora: «Quando vedete De Luca così arrabbiato, dovete pensare che va pure un po’ compreso. Chi lo sa quanto voto clientelare ha dovuto fare in questi anni».
Nello stesso hotel in cui De Luca il 15 novembre elogiava il sindaco di Agropoli per la sua capacità di fare politiche clientelari «come Cristo comanda», ieri pomeriggio Giorgia Meloni ha riunito Fratelli d’Italia: «Renzi ha detto che se voti Sì è possibile curare i bambini di diabete mentre il Pd presentava un emendamento per consentire a De Luca di fare il commissario alla Sanità in Campania, premiato perché ha invitato a offrire fritture di pesce per chi vota Sì. I campani non si venderanno per questo».