Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, sarebbe d’accordo per “trovare un’alternativa” alla Trojka, che la Grecia non vuole più vedere sbarcare nel suo paese. Lo riferisce il giornale tedesco Handelsblatt: l’istituzione “tecnica” avrebbe “fatto il suo tempo”. In altri termini, dopo il quantitative easing della Bce e l’allentamento in corso delle regole sui budget, la Commissione poco per volta accetterebbe l’idea di politicizzare la discussione sull’uscita dalla crisi. E’ questa l’intenzione del viaggio in Europa del ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis, che domenica ha anticipato la tappa parigina, prima di andare ieri a Londra, dove ha visto il governatore della Bank of England, Mark Carney, che nei giorni scorsi aveva fortemente criticato il “decennio perso” dalla Ue e invitato a creare “istituzioni che permettano di condividere i rischi”. Una critica condivisa da Obama: “ad un certo punto, ci vuole una strategia di crescita, per poter rimborsare i debiti”, ha affermato domenica.

Dopo Roma, Varoufakis potrebbe andare a Berlino e Francoforte. Sono previste anche tappe a Helsinki e Bratislava, capitali molto reticenti a fare concessioni sul debito greco. Anche Alexis Tsipras accelera i contatti: oggi a Roma, domani a Parigi, prima di incontrare Juncker a Bruxelles. La Grecia punta ad utilizzare al massimo le divisioni esistenti in Europa. Italia e Francia sono in prima linea, visto che i due paesi attendono per l’inizio di marzo il verdetto della Commissione, che potrebbe decidere “sanzioni” per il non rispetto degli impegni.

Ma di qui a marzo molta acqua passerà sotto i ponti, a partire da giovedi’, giorno della pubblicazione delle previsioni della Commissione per il 2015-2016. Per Veroufakis in un mese-sei settimane la Grecia potrebbe arrivare a un nuovo accordo con la Ue. Domenica, anche il ministro delle finanze francese, Michel Sapin, ha parlato di “nuovo contratto” tra Grecia e Ue, pur escludendo una cancellazione di parte del debito. Per Sapin “è necessario dialogare con le istituzioni”, per avere “più tempo” e far si’ che “il fardello sia meno pesante”. Secondo il primo ministro francese, Manuel Valls, “tutti capiscono che le politiche punitive dell’austerità non possono più essere, non devono essere il progetto dell’Unione”, dove c’è un “livello troppo debole” della crescita e uno “troppo alto” della disoccupazione. “Siamo disposti ad ascoltare quali sono i progetti concreti del governo greco – ha affermato ieri un portavoce della Commissione – e avere discussioni costruttive sulle prossime misure”. Il tempo stringe, perché entro fine febbraio ad Atene dovrebbe essere versata un’ultima tranche del piano di “aiuti” stabilito nel 2012 (7 miliardi, 1,8 dagli stati della zona euro, 3,5 dall’Fmi e il resto è il versamento dei proventi degli interessi maturati dalla Grecia presso la Bce).

La Germania resta barricata dietro le sue convinzioni, anche il presidente dell’Europarlamento, Martin Schultz (Spd), critica la “retorica anti-tedesca” del governo greco, definita “miope”. Ma, come afferma il premio Nobel Paul Krugman, non si puo’ “far uscire il sangue dalle pietre”. La Grecia, che è stata spremuta fino ad arrivare a un eccedente primario del 4,1% quest’anno, dovrebbe destinare questo surplus di bilancio al rimborso del debito (175% del pil, 321 miliardi). La Bce puo’ soffocare la Grecia, se vuole, bloccando la liquidità alle banche del paese (rifiutandosi di accettare i cosiddetti “collaterali” in garanzia). La minaccia è stata fatta da un membro del consiglio dei governatori, Erkki Liikannen.

Ma Varoufakis intende ribattere allargando la questione: “contestiamo il programma non solo perché non è buono per la Grecia ma perché è pessimo per tutta Europa – ha detto – non dimentichiamo che non è solo una crisi greca. Abbiamo l’Italia con un debito insostenibile, la Francia che sente sul collo soffiare il vento delle deflazione, persino al Germania è entrata in deflazione”. Bisogna trovare un modo per “salvare la faccia” di tutti e cambiare strada, dice Veroufakis, che suggerisce che la “buona strategia per Sisifo è smettere di spingere la pietra sulla collina”. Varoufakis ha comunque promesso che la Grecia “non agirà in modo unilaterale”.

Intanto, Atene ha annunciato nel fine settimana di aver scelto la banca Lazard come consigliere sul debito. Lazard aveva già lavorato per la Grecia nel 2012, quando era stato deciso l’haircut del debito privato. Per Matthieu Pigasse, vice-presidente di Lazard Europa, adesso “la ristrutturazione deve riguardare il debito pubblico”, cioè i circa 200 miliardi (sui 321) che sono in mano pubblica (141,8 dal Fesf, il fondo di stabilità, 53 miliardi dagli stati della zona euro, oltre ai 27 miliardi in mano alla Bce e 32 dell’Fmi). “Penso che se si tagliasse questo debito del 50% – afferma Pigasse – si ridurrebbe di 100 miliardi e si permetterebbe alla Grecia di ritrovare un rapporto debito-Pil accettabile, intorno al 100-120%”. Pigasse rassicura i contribuenti dei paesi creditori: “questo debito è già stato emesso ed è quindi già incorporato nel rapporto debito-Pil dei paesi europei. Visto che i soldi son già usciti, non ci sarà nessun impatto sul budget reale, il solo impatto sarà contabile”.