Il disegno di legge Calderoli, approvato dal Senato e attualmente in discussione alla Camera, e, più ampiamente, l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione, integrano il paradosso di una attuazione della Costituzione incostituzionale, i cui effetti ricadono su tutti (… anche sui cittadini del Nord). I profili sono molti, mi soffermo su tre, di sistema.

Primo. Si svuota e frantuma l’unità in una «una miriade di staterelli» (così Laconi in Assemblea costituente). Si sostituisce alla logica del dialogo, anche del conflitto – che assicura la vitalità della democrazia –, un approccio autoreferenziale. L’autonomia costituzionale è autodeterminazione, autogoverno, in un contesto relazionale e interdipendente: il contrario di un isolamento solipsistico con un governo verticistico (l’accentramento nel “governatore” regionale, pessima anticipazione territoriale della scelta del capo).

Si crea una «cornice normativa più complessa e disomogenea» (Banca d’Italia), un caos normativo, con conseguente incertezza del diritto e con inevitabili riflessi sulla stessa vantata efficienza e sui costi. Si destruttura il legame sociale. La condivisione di regole e la solidarietà economica e tributaria a livello nazionale (articoli 2 e 53 della Costituzione) restituiscono il senso dell’appartenenza ad una collettività. Legare le tasse ai territori (la rivendicazione del residuo fiscale) è coerente con l’immagine della “società che non esiste” (la Thatcher docet), è la traduzione territoriale dell’individualismo egocentrico e competitivo dell’homo oeconomicus.

Si profila l’abbandono in sé dell’orizzonte redistributivo: perché condividere con altri territori? Perché condividere con altri? L’autonomia differenziata sottende una scelta politica di classe, in quanto tale trasversale rispetto alle regioni. Secondo.

Soffermiamoci sull’aggettivo “differenziata”: “differenza” è una “bella parola”, implica il diritto alla diversità, rinvia ad una uguaglianza che non sia omologazione, comprende la possibilità di tener conto delle diversità territoriali come valore da tutelare; se, invece, vi sono diseguaglianze, la Repubblica, tutta, nelle sue varie articolazioni, ha il compito di rimuoverle.

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Lo precisa, in relazione alle autonomie territoriali, l’articolo 119 della Costituzione, laddove prevede un fondo perequativo e la rimozione degli squilibri economici e sociali. Quella che abbiamo di fronte è, invece, una autonomia che si fonda e mira a riprodurre e incrementare le diseguaglianze, regionali e sociali. Non è una autonomia differenziata ma della diseguaglianza.
È l’abbandono di una prospettiva di trasformazione, di emancipazione, che riguarda tutti coloro che, a prescindere dal luogo di residenza, vivono condizionamenti sociali ed economici.

Terzo. L’ambiguità dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP): i lep sono uno strumento di garanzia dei diritti o un mezzo attraverso il quale dismettere, con la graduazione del contenuto, la loro tutela? Una breve premessa: la determinazione dei livelli essenziali è dovuta a prescindere dal riconoscimento dell’autonomia differenziata (ai sensi dell’art. 117 come riformato nel 2001); ad essere dovuta è anche la loro garanzia, con lo stanziamento delle risorse necessarie: «è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione» (Corte costituzionale, sent. n. 275 del 2016).

Ora, precisato ancora che la garanzia concerne il diritto e non solo il suo livello essenziale, ragionare di spesa storica, di «quadro finanziario della Regione», di invarianza finanziaria, di equilibrio di bilancio (elementi ricorrenti nel disegno di legge Calderoli), significa inaridire ulteriormente il terreno dello stato sociale e irrorare il campo delle privatizzazioni. Si differenzia, si definanzia, si individua un minimo comun denominatore sempre più esiguo, si affianca, fino a sostituirlo, il privato al pubblico: nuovi mercati e profitti per i soggetti privati e regressione e incremento delle diseguaglianze nella tutela dei diritti per i cittadini (…tutti).

L’autonomia differenziata, con un procedimento nel segno della verticalizzazione del potere (il disegno di legge Calderoli), frantuma territori e diritti: è una riforma classista, destinata ad aumentare, in modo esponenziale e intersezionale, le diseguaglianze regionali e, trasversalmente rispetto ai territori, sociali. È una attuazione della Costituzione contro la Costituzione.