Il corteo avanza, allegro e determinato. Come un’onda multicolore, risucchia e sospinge, invade il palazzo di Miraflores. E’ una manifestazione delle donne: contro la violenza di genere, “per la pace che solo si può avere quando esiste giustizia sociale, uguaglianza e rispetto per la sovranità dei popoli”, grida una ragazza su un camion, scostandosi un ricciolo dalla fronte sudata.

L’autista saluta a pugno chiuso. Una manifestazione indetta dopo l’aggressione di gruppi oltranzisti a una poliziotta di 22 anni, colpita con mazze e bastoni, e per respingere “gli insulti machisti” rivolti dalle destre in parlamento alle donne che dirigono i poteri pubblici in Venezuela (3 sui 5 esistenti). Ieri, uno dei giovani coinvolti negli atti vandalici (tra questi il tentativo di incendio alla Casa dello studente), ha accusato un responsabile della scorta di Ramos Allup (il presidente del Parlamento, di opposizione) di aver pagato dei provocatori. “Sono solo dei ragazzi, dobbiamo recuperarli e punire chi li manipola”, ha commentato Diosdado Cabello.

Molti slogan mettono in relazione “il femminicidio simbolico” contro Dilma Rousseff in Brasile con “il golpe parlamentare” che l’opposizione – maggioritaria all’Assemblea dopo le elezioni del 6 dicembre – vorrebbe compiere contro i diritti dei settori popolari. In Venezuela, l’80% dei movimenti di base è guidato da donne.

La marcia parte dal centro di Caracas e sosta in due luoghi simbolici: la sede del Ministerio Publico, per esprimere solidarietà alla Fiscal General Luisa Ortega Diaz, e il Parlamento. Dentro, sta parlando il leader spagnolo di Ciudadanos, Albert Rivera, invitato dalle destre. A lui, Ramos Allup (capo del partito Accion Democratica e vicepresidente dell’Internazionale socialista) ha sollecitato “qualunque tipo di aiuto esterno per risolvere la crisi senza precedenti a cui ci troviamo di fronte”, e ha ribadito la ferma intenzione di liberarsi del governo e di Maduro, contro il quale la coalizione Mud ha avviato la procedura di referendum revocatorio.

Contro l’iniziativa di Rivera ha protestato da Madrid il leader di Podemos, Pablo Iglesias, chiedendo a Ciudadanos di non spostare a Caracas la campagna elettorale spagnola e di astenersi dalle spese che questo comporta.

Davanti al Parlamento, le donne gridano: “Fuori il dinosauro, noi siamo il futuro”, alludendo alla lunga carriera politica di Ramos Allup e agli interessi che rappresenta, e pronosticano in rima “quest’Assemblea, tanto, non dura”. Alla giornalista che viene da fuori, molte affidano i loro racconti, chiedono che in Italia si trasmettano anche le loro voci e non solo quelle delle destre.

Una giovane di pelle scura, alla testa di un gruppetto, si presenta: “Sono Mariangel, prima ero un’alcolista, ne sono uscita grazie alla Mision Madres del Barrio, oggi faccio parte delle milizie popolari. Questa rivoluzione ha riscattato gli ultimi e noi la proteggeremo”.

Manuel, un ragazzone che fa volontariato nella Mision Sucre, dice: “La violenza contro le donne è la peggiore di tutte, la più vigliacca. E di solito è preceduta dagli insulti e dal discredito. Prima della rivoluzione, se un uomo diceva di essere femminista veniva considerato male, oggi invece è un valore. Chavez è stato il primo femminista. Io sono orgoglioso di essere femminista”.

Iris è giornalista alla Mision Sucre, che si occupa dell’istruzione parallela, riconosciuta a livello statale: “Dal 2003, utilizziamo le aule quando le scuole sono chiuse, al pomeriggio e alla sera per chi lavora. Con professori volontari, ma i diplomi sono riconosciuti”. Poco più in là, una ragazza regge un cartello con la foto di Lina Ron, singolare figura di ribelle extralegale morta nel 2013: una leader libertaria del quartiere 23 Enero, che Chavez ammirava, pur considerandola “ingovernabile”. E poi sfilano rappresentanze sindacali, indigene, afrodiscendenti.

Ora, a Miraflores, ci troviamo in una specie di imbuto. Perché nessuna rimanga fuori, dobbiamo inerpicarci su per la collinetta antistante il palazzo presidenziale. Le finestre in alto sono chiuse. Dopo la morte di Chavez, nessuno vi si è più affacciato. Maduro tiene i suoi discorsi in circolo, un piccolo palco nello spiazzo sottostante, dove arriverà tra poco.

Sulle scalinate intorno, non c’è più posto. Per scavalcare la ringhiera, le più cicciotte compiono inaspettate acrobazie. “Disciplina, compagne, non spingete, ci sono i bambini”, grida un’indigena wayù tenendosi su la tunica con una mano, mentre con l’altra si regge allo zaino della vicina. “Passami la bambina”, grida una trans. I più piccoli vengono sollevati in alto. Si sale. Sventolano le bandiere Lgbt, quelle delle Comunas e del Poder Popular. Il primo saluto di Maduro dal palco sarà per “la comunità sexo-diversa”, un pezzo importante dei movimenti popolari.

Sul palco, interventi politici e canzoni. Il presidente rende omaggio alla forza e alla creatività delle donne e parla di economia produttiva: economia famigliare. Racconta come, quand’era bambino e il padre era rimasto anni senza lavoro a causa delle sue idee politiche di sinistra radicale, la madre abbia imparato a cucire su una vecchia macchina Singer camicie e pantaloni per mandare avanti la famiglia. “Anche ora che i costi della guerra economica pesano soprattutto sulle donne – dice – dobbiamo agire nella stessa maniera, e tutti dobbiamo contribuire: perché quel che le donne hanno conquistato in questi anni di rivoluzione non sono dati per sempre, possono essere spazzati via in poche settimane, com’è successo in Brasile. Le destre misogene e fasciste non sopportano che questa rivoluzione abbia un volto di donna. Solo il socialismo, che costruisce pace con giustizia sociale, può garantire la stabilità”.

Accompagnato da Gladys Requen, ministra per la Donna e l’Uguaglianza di genere e da altre figure di governo, il presidente ha dato inizio al programma Soy Mujer che prevede l’erogazione di 138 milioni di bolivares per finanziare progetti produttivi promossi da donne, alcuni dei quali sono stati illustrati durante l’iniziativa. A coordinare il piano sociale va Zulay Aguirre, madre del giovane deputato Robert Serra, ucciso dai paramilitari mentre guidava la commissione d’indagine parlamentare sulle violenze dell’estrema destra.

Poi, Maduro ha decorato alcune donne di valore: la poliziotta scampata all’agguato squadrista e una sua collega (Dubraska Alvarez e Genesis Mambié) e due femministe storiche: Olga Luzardo, intellettuale e combattente del Partito comunista, che ha compiuto 100 anni, e Maria Leon, 79 anni, deputata del Psuv ed ex guerrigliera, molto autorevole tra le femministe. “Le donne non hanno paura e non arretrano – ha detto Leon – l’anno prossimo festeggeremo i cento anni dalla prima rivoluzione operaia e contadina, quella del ’17 in Unione sovietica. E lo faremo con un presidente operaio. In America latina ne abbiamo avuto due, Lula e Nicolas. E’ questo il cammino che dobbiamo difendere per il nostro continente”.