È iniziato ieri a Caracas il processo a Leopoldo Lopez, dirigente dell’opposizione oltranzista venezuelana. Il leader di Voluntad Popular (Vp) rischia fino a 10 anni di carcere qualora fosse ritenuto colpevole di istigazione alle violenze e delitti correlati: reati commessi durante le dure e prolungate proteste contro il governo che hanno provocato 43 morti e 878 feriti. Lopez è detenuto nel carcere militare di Ramo Verde dal 18 febbraio, un paio di settimane dopo l’avvio delle proteste.

Le manifestazioni, gli incendi e le devastazioni sono cominciate in risposta alla campagna lanciata dalle destre antigovernative, capitanate da Lopez, Maria Corina Machado e Antonio Ledezma, e denominata «la salida»: la cacciata del presidente socialista Nicolas Maduro.
Il 12 febbraio, una manifestazione indetta dall’opposizione con quella consegna termina con violenti scontri. Il bilancio è di tre morti. Nel pieno di una battaglia mediatica dai risvolti internazionali, la magistratura emette allora un mandato di cattura contro il leader di Vp, che decide di consegnarsi in una piazza di Caracas attorniato dai suoi sostenitori. Ad aprile, nel pieno delle proteste, il governo convoca un tavolo di dialogo con la mediazione del Vaticano e della Unasur. Il cartello di opposizione – la Mesa de la unidad democratica (Mud) – accetta, ma abbandona le discussioni il 13 maggio.

Nel corso degli incontri, tornano a galla le profonde differenze e i mai sopiti dissidi che attraversano la Mud: un’alleanza che raccoglie i due partiti che hanno governato nella IV Repubblica (centro-destra e centro-sinistra), l’estrema destra filoatlantista e persino frastornati rimasugli di ex guerriglieri. Vp e gli altri leader d’accordo con «la salida» disertano il tavolo e continuano a soffiare sulle piazze. I morti aumentano. Anche i commercianti dei quartieri agiati cominciano a non poterne più delle guarimbas (barricate di chiodi, cemento e spazzatura data alle fiamme bloccate dal fil di ferro): tantopiù che a lasciarci le penne, sgozzate dal fil di ferro teso sulle strade, sono spesso persone qualunque, di rientro a casa.

Il governo afferma di aver messo sotto chiave Lopez per proteggerlo dalle trame dei suoi fratelli-coltelli. Qualche giorno dopo, il segretario esecutivo della Mud, Ramon José Medina, dichiara pubblicamente che Lopez «ha inventato il piano» per farsi arrestare. L’interessato ribatte che la coalizione deve «adattarsi a una nuova tappa»: quella del colpo di mano, preparato da una campagna di discredito del governo presso gli organismi internazionali con l’obiettivo di ottenere sanzioni. La moglie di Lopez, Lilian Tintori, militante di Vp, si fa ricevere dalle destre europei, dagli alti rappresentanti Usa e chiede udienza anche al papa Bergoglio.

Machado perde la carica da deputata per aver accettato il ruolo di «rappresentante supplente» offertale dal Panama all’Organizzazione degli stati americani (Osa). Successivamente viene convocata dalla magistratura con l’accusa di essere il personaggio chiave in un piano destabilizzante di finanzieri, politici e diplomatici nordamericani. Nessuna accusa viene però formalizzata contro di lei. La Procuratrice generale, Luisa Ortega, incontra Amnesty international a cui mostra i fascicoli sulle violenze di piazza: restano in carcere 87 persone, solo 4 sono studenti
Intanto, mentre Tintori denuncia le dure condizioni di detenzione del marito, circola una foto su twitter in cui lo si vede suonare «el cuatro» in compagnia di altri detenuti che bevono: si tratta dei due sindaci oltranzisti, Enzo Scarano e Daniel Ceballos, destituiti dopo essere stati filmati a guidare gli scontri.

Intanto, grossi pezzi della Mud, come il partito Accion Democratica (il centro-sinistra della IV repubblica), continuano a prendere le distanze dalla «salida», pur mantenendo accesa la polemica sul temi del paese: a partire dalle scelte economiche. La Mud ritiene fallimentare il modello economico basato sul controllo di stato delle grandi imprese e sulla ridistribuzione delle risorse petrolifere a favore delle classi popolari. E preme per il ritorno alle politiche neoliberiste. Maduro denuncia la «guerra economica» e il sabotaggio dei poteri forti, e rafforza le alleanze con i paesi socialisti del blocco regionale. Dopo il vertice dei Brics, in Brasile, il Venezuela ha concluso altri accordi con la Cina, che le ha rinnovato il credito: e che diventa il suo secondo partner commerciale, dopo gli Usa.

Sabato inizia il terzo congresso del Partito socialista unito (Psuv), che durerà fino al 31. Domenica si sono svolte le elezioni dei delegati: il numero degli iscritti è in calo, dicono da opposte sponde sia la Mud che l’estrema sinistra chavista, che preme per un rinnovamento di linea più radicale. Intanto, il governo ha annunciato che, per approfondire il modello di stato comunale, alle «comunas» verrà consentito di gestire direttamente le proprie finanze. E intanto continua il massiccio piano di edilizia popolare. Hanno ricevuto un’abitazione (accessoriata) anche le famiglie che avevano occupato la famosa Torre David, un grattacielo destinato a essere un centro commerciale, lasciato in sospeso da alcuni finanzieri fuggiti all’estero.