Il destino delle concessioni balneari è ancora incerto ma in una località del Veneto si è anticipato ciò che potrebbe accadere nel resto d’Italia. Mentre il governo Meloni non ha ancora deciso come dovranno essere rinnovati i titoli scaduti il 31 dicembre 2023, il comune di Jesolo è andato avanti per conto suo: alcuni bandi di gara sono già stati conclusi e sta prevalendo un modello di turismo industriale gestito da grandi società di capitali, con piste da sci sulla spiaggia.

PER COMPRENDERE cos’è accaduto a Jesolo, occorre tracciare la situazione normativa sulle spiagge italiane, dove insistono 7.173 stabilimenti balneari secondo Unioncamere. Dopo 12 anni di proroghe automatiche agli stessi titolari, con la legge sulla concorrenza 2021 il governo Draghi per la prima volta ha adeguato la gestione delle concessioni balneari alla direttiva europea Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, imponendo di riassegnarle tramite bandi pubblici entro la fine di quest’anno. Poi è arrivato l’esecutivo Meloni, con la premier che si è sempre dichiarata contraria alle gare delle concessioni balneari, ma che a oggi ha deciso di non decidere: nonostante la leader di Fdi abbia osteggiato la legge di Draghi quando era all’opposizione, una volta arrivata al timone di Palazzo Chigi ne ha solo rinviato di un anno l’entrata in vigore, senza varare il decreto attuativo che il precedente governo aveva previsto per disciplinare i bandi con dei criteri nazionali.

OLTRETUTTO, CON UNA SENTENZA depositata ieri, il Consiglio di Stato ha ribadito che la proroga di un anno voluta dal governo Meloni è contraria al diritto europeo in quanto rappresenta un rinnovo automatico al medesimo titolare su una concessione di bene pubblico. Palazzo Spada lo aveva già detto 5 giorni dopo l’approvazione della norma, ma è rimasto inascoltato. Dato che la scadenza dei titoli si sta avvicinando e che un’evidenza pubblica non si fa in pochi giorni, i comuni costieri stanno decidendo in autonomia le modalità con cui rinnovare le concessioni di demanio marittimo. Tra questi c’è Jesolo, dove il sindaco Christofer De Zotti, di Fratelli d’Italia, si è mosso in controtendenza rispetto al suo partito ed è stato tra i primi a riassegnare le concessioni. Sul litorale della località veneta ne esistono 87, ma il comune ha deciso di unirle in 16 lotti, 5 già andati a gara. Per gli altri 11 bisognerà invece aspettare la fine del 2024.

IL LOTTO degli ex stabilimenti Augustus, Bafile e Casa Bianca, esteso su circa un chilometro di litorale, è stato vinto dalla Cbc srl. Si tratta di una società partecipata dal titolare della multinazionale di scarpe Geox, Mario Moretti Polegato, e dalla famiglia di albergatori Menazza, che ha presentato un piano di investimenti di quasi 8 milioni di euro. I precedenti titolari si erano uniti in una società consortile per riuscire a partecipare al bando, che richiedeva un investimento minimo di 2,5 milioni di euro per vent’anni di concessione, dopo la sconfitta hanno presentato ricorso con richiesta di sospensiva, sul quale il Tar si pronuncerà il prossimo 8 maggio. La battaglia giuridica su questo tratto di litorale ha anche un retroscena politico: il concessionario uscente del lido Bafile è Renato Martin, ex sindaco di Jesolo che alle elezioni del 2022 si era ricandidato con il sostegno di Lega e Fi, ma che è stato sconfitto al ballottaggio da De Zotti. Meglio è invece andata al padre del primo cittadino, Amorino De Zotti, presidente del consorzio che gestisce lo stabilimento Marconi e che è riuscito a riaggiudicarsi la concessione, una delle sole 4 che il comune non ha accorpato.

L’UNIONE DELLE CONCESSIONI balneari in grandi lotti può essere un modo per favorire l’ingresso di soggetti con una maggiore capacità economica e perseguire un certo modello di turismo industriale. È il caso del progetto della Cbc, che prevede il collocamento di 2 mila ombrelloni e 200 gazebo, la ristrutturazione dei 4 bar esistenti e l’installazione di tecnologici bagni autopulenti e di vasche per la raccolta dell’acqua piovana, oltre a 3 milioni di «contributo solidale» per la difesa e il ripascimento della costa in erosione. Poco distante da qui, il 25 maggio inaugurerà una pista da sci in plastica riciclata lunga 30 metri: sponsorizzata dal brand di abbigliamento sportivo Energia Pura, l’attrazione appare come il simbolo di un’offerta turistica artificiale e slegata dalle peculiarità naturali del territorio.

SECONDO UNO STUDIO del 2023 di Nomisma, il 72,3% delle concessioni balneari italiane è inferiore ai 3 mila metri quadrati e le aziende del settore hanno un fatturato medio di 260 mila euro annui. Inoltre, dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio, diffusi nel 2021, emerge che il 68% degli stabilimenti balneari è composto da società di persone e piccole imprese individuali a conduzione familiare, contro il 29% delle società di capitali. I concessionari storici hanno sempre beneficiato di lunghe proroghe e canoni molto calmierati, finché l’applicazione della direttiva Bolkestein ha imposto la fine dei rinnovi automatici.

ORA IL RISCHIO è che una liberalizzazione sregolata possa favorire il predominio delle grandi società di capitali anche in un importante patrimonio pubblico e naturale quale è la spiaggia, anziché preservare la piccola e meno impattante imprenditoria locale. Senza dei criteri statali, non ci sono garanzie su un’adeguata trasparenza in fase di redazione dei bandi e di selezione dei vincitori: la mancanza di regole uniformi sta lasciando ai comuni un’ampia discrezionalità sulla gestione del demanio marittimo, quanto accaduto a Jesolo potrebbe replicarsi in altre parti d’Italia. Uno scenario che solo il governo può impedire fissando dei limiti come il numero massimo di una concessione per lo stesso soggetto. Sempre che l’interesse politico vada in questa direzione.