«Vogliamo diritti, non obiettori: fuori gli antiscelta dai consultori». Sono dovute tornare in piazza a gridare, in un sit-in improvvisato a piazza Montecitorio, per ribadire ciò che sembrava acquisito definitivamente: contro «la violenza di un governo che riporta le donne cento anni indietro». Poche ore prima, in Aula, i deputati avevano concesso a maggioranza (185 sì, 115 no e 4 astenuti) la fiducia posta dal governo per blindare il decreto Pnrr, compreso l’emendamento di Fd’I che spiana ulteriormente la strada alle attività antiabortiste nei consultori. Il voto finale sul ddl di conversione si terrà probabilmente domani, poi il testo passerà al Senato, dove l’approvazione è scontata. Per questo davanti al parlamento si sono radunate ieri organizzazioni femministe, associazioni pro-choise, rappresentanti della Rete nazionale dei consultori, sindacati e molti parlamentari del Pd, di Avs, +Europa e del M5S.

LA PROTESTA delle opposizioni al blitz consumato lunedì in commissione Bilancio è stata unanime. «Continueremo la mobilitazione contro il tentativo di smantellamento dei consultori pubblici – scrive in una nota la Fp Cgil – il servizio pubblico è l’unica garanzia di universalità e i consultori devono restare luogo dei diritti e delle tutele. Questo è l’ennesimo attacco del governo Meloni alla salute, alla libertà delle donne e al sistema dei servizi pubblici». Lo aveva già detto chiaro anche la segretaria del Pd Elly Schlein e lo ha ribadito ieri la capogruppo dem Chiara Braga: «Ci opporremo in ogni modo». «Il governo fa un uso politico dei fondi del Pnrr, oltre che calpestare i diritti delle donne», aggiunge Riccardo Magi, segretario di +Europa. «Prima la proposta di legge per obbligare i medici a far sentire alle donne che vogliono abortire il battito del feto, ora questo emendamento che apre la strada alla presenza delle associazioni pro-life nei consultori: è un ulteriore colpo alla legge 194», afferma Ivana Veronese, segretaria confederale della Uil che promette di portare il tema nella manifestazione nazionale indetta insieme alla Cgil sabato a Roma per il diritto alla cura e per la sanità pubblica.

MA ANCHE FORZA ITALIA inizia a tentennare: «L’emendamento sui consultori è una proposta, la valuteremo – azzarda il segretario Antonio Tajani – C’è una legge in Italia che non può certamente essere cambiata. Ritengo che sia giusto che ognuno si comporti in base al proprio credo e alla propria coscienza, ma non bisogna criminalizzare chi è contro l’aborto».

Tra gli anti-abortisti di professione c’è la onlus Pro vita & Famiglia che ieri, forte del suo potere politico, si è facilmente tirata fuori dalla querelle: «Non abbiamo nessuna intenzione di entrare nei consultori – ha dichiarato il portavoce Jacopo Coghe – perché il nostro ambito di azione è la sensibilizzazione pubblica e l’influenza politica con campagne nazionali». E d’altronde, come sottolinea Fabio Rampelli, è nella stessa legge 194 che certe associazioni anti abortiste trovano il pertugio per portare la loro attività nei consultori. In quanto, come recita l’articolo 2, «possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita», seppure contrarie ai fini previsti dalla stessa norma.

MA IL PUNTO È UN ALTRO: se la legge che dal 1978 ha permesso a migliaia di donne di abortire in sicurezza prevede già la possibilità per le Regioni di utilizzare questo tipo di associazioni nell’organizzazione dei consultori, quale bisogno c’era di inserire la norma nel Pnrr? L’«emendamento-bandiera», come lo definisce la deputata dem Cecilia Guerra, componente della commissione Bilancio, «è il risultato di una riformulazione del testo che Fd’I non ha potuto far altro che accettare», spiega. La prima versione infatti, riferisce Guerra, prevedeva l’obbligo (e non solo la possibilità) per le Regioni di inserire nei consultori «soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità». E non conteneva la precisazione «senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

EPPURE SECONDO MARCO Grimaldi, vicepresidente di Avs alla Camera, i gruppi anti scelta «magari non verranno pagati ma potranno gestire i fondi del Pnrr». «Non bastava fare entrare le associazioni pro-vita nei consultori e organizzare spazi all’interno di Asl e ospedali, non bastava disapplicare le linee guide del Ministero sulla somministrazione di Ru486 anche in consultorio – ha dichiarato in Aula Grimaldi – Ora la destra con l’emendamento dell’on. Malagola vuole che il “Vita nascente”, nato in Piemonte dai benzinai di oscurantismo, diventi un fondo nazionale da girare a quelle stesse associazioni che definiscono l’aborto prima causa di femminicidio».