Quando Mike Maignan nel primo tempo della partita con l’Udinese ha alzato la mano, non per parare un pallone come fa di solito ma per indicare il settore dello stadio da cui provenivano ululati, versi e insulti razzisti, ci stava dicendo che nel nostro calcio abbiamo un enorme problema di razzismo. Ma noi che siamo scemi, come sempre abbiamo guardato il dito. E non la luna. E quindi abbiamo passato i due giorni successivi a dire che sì, il razzismo è proprio una cosa brutta. E che il portiere del Milan ha fatto bene a interrompere la partita e uscire dal campo, ma poi ha fatto ancora meglio a rientrare, che comunque la partita doveva finire che le televisioni pagano un sacco di soldi.

Ecco, forse questa cosa delle televisioni non l’abbiamo detta, ma di sicuro l’abbiamo pensata. Altrimenti non si capisce perché abbia fatto bene a rientrare. E poi in diversi editoriali abbiamo sentenziato che il razzismo deve uscire dagli stadi. Per andare dove, poi, non si sa. Nelle strade, nelle scuole, negli ospedali? Come se anche lì non ce ne fosse già abbastanza. Un mare di retorica insopportabile, per citare un momento cult del vecchio Processo del Lunedì, a cui sono seguiti i soliti e inutili strali del populismo penale. Arrestateli tutti, dategli il Daspo, buttate la chiave, impeditegli di tornare negli stadi, abbiamo gridato in coro.

Finché il più scemo di tutti noi, il presidente della Fifa monsieur Gianni Infantino, se ne è uscito con la proposta della sconfitta a tavolino. Per chi? Ma per tutti, parbleu, visto che ululati, versi e insulti razzisti sono all’ordine del giorno. Ogni giorno, su ogni campo. Un tifoso, per fortuna, è stato identificato ieri: un 46enne residente nella provincia di Udine. E la Questura ha già emesso nei suoi confronti un Daspo di 5 anni. Ma è ovvio che il problema non è lui. Cercare i colpevoli di un gesto che vogliamo fingere sia isolato, sbatterli in prima pagina, se non in galera come chiedono anche alcuni Ministri, serve solo ad assolvere gli altri. Noi stessi per primi. E a proteggere il sistema calcio, che è razzista nelle fondamenta.

Lo hanno spiegato in maniera incontrovertibile Beatrice Magistro e Morgan Wack, docenti rispettivamente del California Institute of Technology e della University of Washington, in un paper intitolato: «Racial Bias in Fans and Officials: Evidence from the Italian Serie A». Hanno preso in esame oltre 10mila partite giocate in Serie A negli ultimi 10 anni. E hanno scoperto che ai calciatori neri, o per essere più precisi non bianchi, sono fischiati molti più falli rispetto ai calciatori con la pelle bianca. Il 20% in più. Con lo stesso numero di falli fischiati, i non bianchi prendono l’11% delle ammonizioni e il 16% delle espulsioni in più rispetto ai bianchi. La cosa interessante è che durante la pandemia, quando si giocava con gli stadi vuoti, queste percentuali sono diminuite. A dimostrazione che gli arbitri, come tutti i tutori dell’ordine, sono influenzati dal senso comune. E se sono particolarmente razzisti, è perché lo è la società.

La ricerca è infatti comparativa, a partire da altre ricerche svolte sugli sport americani, soprattutto dopo le proteste degli atleti che appoggiano Black Lives Matter. Se il razzismo oltreoceano ci pare più evidente – basti ricordare che Colin Kaepernick, il quarterback dei San Francisco 49ers che fu il primo a rifiutarsi di alzarsi in piedi durante l’inno nazionale, da allora caso strano non è più riuscito a trovare una squadra – è il caso che cominciamo a fare i conti con quello diffuso nei nostri di sport. A partire dal pallone. Il paper prende infatti in esame anche le mancate risposte della Federcalcio, della Lega e delle autorità preposte davanti ai numerosi episodi di razzismo, segnalando la tendenza a minimizzare sempre. E a circoscriverli come isolati.

Ha fatto benissimo Maignan a inchiodare alle proprie responsabilità i padroni del calcio su Instagram. «Oggi un intero sistema deve assumersi le proprie responsabilità: gli autori di questi atti, gli spettatori in tribuna, il club dell’Udinese, le autorità e la Procura». E poi ha aggiunto, in maiuscolo: «Se non farete nulla, sarete anche voi complici». Possiamo continuare a fingerci scemi e a guardare il dito invece della luna, ma anche se ci crediamo assolti saremo sempre tutti coinvolti.