La machi Francisca Linconao ha vinto la sua battaglia e può interrompere lo sciopero della fame che ha portato avanti per 15 giorni. La Corte d’appello cilena ha accolto il ricorso presentato dai legali della leader mapuche, che potrà aspettare il processo ai domiciliari. Linconao era stata arrestata il 30 marzo nell’ambito di una vasta operazione «antiterrorismo» in merito all’inchiesta sull’uccisione di una coppia di proprietari terrieri ( i Luchsinger-Mackay), ammazzati il 4 gennaio del 2013. La machi si è sempre dichiarata innocente e ha denunciato le persecuzioni di cui è vittima il suo popolo (la popolazione nativa più numerosa del Cile), chiedendo di poter aspettare il processo agli arresti domiciliari.

La Corte d’appello di Temuco aveva dato parere favorevole alla richiesta dei legali di Linconao, ma non all’unanimità, come prevede la Costituzione, per il voto contrario del giudice Luis Troncoso. La difesa di Linconao ha perciò fatto appello, sostenendo che l’unanimità viene richiesta solo in caso di libertà, mentre la machi sarebbe rimasta agli arresti, seppur a casa sua. E la Corte ieri sera ha deciso favorevolmente.

«Francisca Linconao sta per morire», avevano denunciato poco prima i deputati del Partito comunista cileno, Camilla Vallejo e Karol Cariola, dopo aver visitato la machi in ospedale. In questi giorni, le comunità mapuche, sostenute dalla sinistra cilena e dai movimenti popolari, hanno moltiplicano le proteste, dentro e fuori il paese. L’Istituto nazionale per i diritti umani e anche Amnesty Cile hanno sostenuto l’appello della leader mapuche, accompagnati da molte personalità politiche e intellettuali di fama internazionale. Camilla Vallejo, insieme a una delegazione di parlamentari della coalizione governativa Nueva Mayoria è andata a trovare la leader spirituale nell’ospedale interculturale di Nueva Imperial, dopo essersi riunita con il ministro dell’Interno. Linconao è stata tradotta in ospedale dal carcere femminile di Temuco perché le sue condizioni si sono aggravate.

Dal carcere, Francisca Linconao ha scritto tre lettere alla presidente Michelle Bachelet, chiedendole di porre fine alla persecuzione del suo popolo: «Ho votato per lei, sperando in un cambiamento», ha ricordato. Il governo ha seguito la vicenda, dicendosi «preoccupato» per la salute della sessantenne mapuche, che ora pesa 42 kg. Intanto, la gendarmeria aveva comunicato a Linconao che, al termine della sua protesta, sarebbe stata ricondotta nel carcere di Temuco e punita con 30 giorni di sospensione delle visite per aver intrapreso lo sciopero della fame. Ora, però, dopo le cure, la mapuche tornerà a casa.

Quella di Linconao – avevano denunciato le comunità mapuche – sarebbe stata la prima morte di un’autorità tradizionale in democrazia, per di più quella di una donna già in là con gli anni. Avrebbe fatto seguito a quella del prigioniero politico mapuche José Mariano Llanca, trovato morto nella sua cella dopo aver invano chiesto una misura umanitaria. Nella cultura mapuche, i machi sono autorità spirituali e guaritori, a cui tutti si rivolgono per chiedere consiglio, e sono quasi sempre donne. La parola mapuche in lingua mapudungun significa terra. Una machi si ritiene profondamente legata alla terra, e se viene allontanata dal suo centro vitale, dal suo Nuke Mapu, si debilita e muore.

I mapuche, che vivono sia in Argentina che in Cile dove sono quasi due milioni, sono un antico popolo originario, l’unico ad aver tenuto testa agli spagnoli, 500 anni fa: fino alla fine del 1800, quando sono stati sconfitti dallo stato argentino e cileno. Hanno però continuato incessantemente la lotta per riprendersi i territori ancestrali, oggi preda delle grandi multinazionali. In Cile abitano prevalentemente la regione dell’Araucania, nella parte centro-meridionale del paese.
Vivono in comunità agricole guidate da un lonko e da una machi e composte da weichafe, i guerrieri.

Il loro funzionamento orizzontale mantiene l’antica tradizione, a cui è estranea sia l’idea di schiavitù che quella della proprietà privata. Una cultura che ha spesso limitato le assegnazioni di terre secondo i criteri tradizionali, e che è tenacemente insofferente a ogni tipo di intromissione esterna. Il governo di Salvador Allende, stroncato dalla dittatura di Augusto Pinochet l’11 settembre del 1973, aveva risposto positivamente ad alcune importanti richieste dei nativi. E i mapuche hanno pagato un forte tributo alla resistenza contro la dittatura.

A tutt’oggi, in un paese ancora marcato dagli schemi imposti da Pinochet, i mapuche vengono perseguiti in base alle leggi antiterrorismo, che prevedono testimoni d’accusa sotto copertura, e processi politici che si concludono con lunghe condanne. Nel mese di gennaio, le comunità ricordano l’uccisione del giovane Matias Catrileo, ammazzato a freddo da un carabiniere nove anni fa.

La Convenzione Ilo 169 su Popoli indigeni e tribali, approvata nel 1989 e sottoscritta anche dal Cile, prevede la consultazione dei nativi sulle scelte che riguardano i loro territori. Su questa base, nel 2009, Francisca Linconao ha vinto una causa contro la grande impresa Forestal Palermo Ltda per l’invasione di un bosco limitrovo a dei corsi d’acqua considerati sacri dal popolo mapuche. Un precedente giuridico importante, contestato dalla Corte d’appello di Temuco, che ha dato fiducia alle comunità native. Un episodio che ha però fortemente esposto la machi alla vendetta dei grandi latifondisti e dei loro padrini politici.

Dopo l’uccisione dei Luschlinger, presso i quali prestava servizio la sorella di Francisca, la machi venne arrestata e violentata e accusata di essere complice del duplice omicidio. In tribunale, dimostrò che le prove contro di lei erano state fabbricate ad arte da falsi testimoni, e venne assolta, e le venne accordato un risarcimento di 30 milioni di dollari da parte dello Stato. Tuttavia venne nuovamente arrestata e brutalizzata il 30 marzo e portata in carcere nonostante un testimone d’accusa avesse dichiarato di aver mentito sotto tortura.