Poeta. Pittore. Attivista. E cofondatore della libreria e casa editrice City Lights di San Francisco. Poche parole, ma sufficienti per descrivere chi è stato e ancora è Lawrence Ferlinghetti.

Dopo aver preso parte alla seconda guerra mondiale, dopo gli studi alla Columbia University di New York e alla Sorbona di Parigi, si era trasferito a San Francisco nel 1951 dove, insieme all’amico Peter Martin, aveva dato vita alla libreria e poi casa editrice City Lights.

Oggi, a 97 anni e durante la campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti più feroce di sempre, ci parla dalla sua casa di San Francisco a North Beach, ricordando proprio il suo inizio in questa città.

«San Francisco, quando sono arrivato nel 1951, era un’open town. Certo, allora era molto provinciale», dice con un tono di consapevole concretezza, «ma oggi la città è stata trasformata, e continua a trasformarsi giorno dopo giorno. Adesso non è più provinciale, ma non è neanche più aperta. È diventata una città ricca, dominata dagli interessi di Silicon Valley. Gli affitti sono diventati altissimi, soprattutto per i poeti, gli artisti, per chi vuole provare e non c’è modo per un artista di avere anche un piccolo studio in città. Io ne ho uno grande, ma da più di venticinque anni».

Insomma, arrivare e fermarsi a San Francisco, oggi sede di grandi aziende americane, la maggioranza delle quali ruota intorno al potente mondo hi-tech e di internet – Apple, Google, Facebook, LinkedIn, solo per dirne alcune – non è proprio semplice, se non ormai impensabile.

No, l’atmosfera da grandi e, a loro modo, tenaci esploratori del mondo e della vita, con tutti i suoi abissi e le sue contraddizioni, non abita più qui.

LA BEAT GENERATION

Alla domanda, forse anche stupida, di dove crede oggi si possa trovare e respirare l’atmosfera di voglia di rinnovamento che aveva aperto le porte alla generazione di poeti, pittori, artisti della cultura Beat, la risposta è semplicemente lapidaria. Con una risata piena, divertita, e forse ironicamente compiaciuta, risponde «City Lights Bookstore!».

E sì, ci piace pensare che, sotto l’ironia e la risata, ci sia anche la soddisfazione di aver creato allora, in un angolino di Columbus avenue all’incrocio con Broadway, una specie di piccolo paradiso in cui si riusciva, e ancora si riesce, a trovare qualcuno che parla la nostra lingua particolare, un po’ diversa e un po’ originale, quella che ha bisogno di continuare la propria ricerca di individualità. Eh già, il capitalismo ha preso possesso dei luoghi dei sognatori.

«Nuovi imprenditori dell’Hi-tech sono arrivati con borse piene di soldi, ma senza educazione e sensibilità e, peccato, ma ora la città è diventata inaccessibile a giovani artisti. Artisti di tutti i generi…».

Un monolocale di anche soli 30 mq può raggiungere le vette di oltre 2000 dollari. «E comunque, dice tornando serio, la città è stata trasformata e adesso è come una nuova Boom Town USA. È più grande del boom dal 1860, dal Gold Rush e ci sono costruzioni ovunque. North Beach non è stata ancora colpita da questo boom perché, nella vecchia comunità di bohémien e italiani, esiste ancora una legge che impedisce di costruire casa più alte di tre piani. Ma hanno già cominciato a costruire in altri posti e la mia vera preoccupazione è che, se continuano con questi ritmi, tra pochi anni non saremo più capaci di riconoscere la città. Finiremo con un’altra città, fatta di grattacieli, come una città qualsiasi in qualsiasi parte del mondo».

LA MOSTRA A PARIGI

Lawrence Ferlighetti è preoccupato per la sua San Francisco e, mentre City Lights continua ad essere un faro per i curiosi, gli artisti, per tutta la controcultura di quella California impegnata e forse, per fortuna, ancora un po’ ribelle, lui, il poeta, continua imperterrito a scrivere e dipingere.

Lo scorso 22 giugno, al Centre Pompidou di Parigi, si apriva la mostra «Beat Generation», dedicata, dicevano ufficialmente nel comunicato stampa, ‘alla letteratura e al movimento artistico nato alla fine degli anni 40 che avrebbe avuto influenza per i vent’anni successivi’.

Bello, interessante, ma anche peccato, perché, dice Ferlinghetti ridendo sorpreso e un po’ incredulo, «per quella mostra si sono concentrati su Los Angeles e New York. Ma la Beat Generation è cominciata a San Francisco. Mah… Già, il curatore americano era di New York, e tutto era supervisionato dal Getty Research Institute di Los Angeles. Mi dispiace. Già, è strano, ma avranno avuto interessi diversi per farlo…»

LOVE & WAR

Ferlinghetti-1993-War
Poco dopo l’inizio della mostra di Parigi, se ne apriva un’altra a San Francisco, di cui è stato da subito molto fiero e felice. Nella sua città, alla Rena Bransten Gallery, l’8 luglio inaugurava la mostra «Lawrence Ferlinghetti: Love & War». Tanti dipinti ormai solo in bianco e nero, perché gli occhi non sono più acuti come un tempo.

Molti parlano della cruda contemporaneità, soprattutto quella europea e africana: «in Howl ho fatto una citazione diretta, dice compiaciuto, a due grandi artisti. Da un lato ad Allen Ginsberg e alla sua poesia Howl (L’ululato), e contemporaneamente a Edward Munch e al suo Urlo. Anche il dipinto War parla della tragedia di adesso in mare, la tragedia degli immigrati nel Mediterraneo».

Ferlinghetti-2002-2013-The-Howl

FASCISTI

La situazione gli sembra prendere tinte grigie: «La politica in Usa ha tendenze sempre più fasciste. Donald Trump», diceva prima che le elezioni dessero il loro responso, «sta promuovendo il fascismo. Se dovesse essere eletto», aveva inconsciamente predetto quando i pronostici, benché incerti, non si azzardavano ancora a pensare realmente a una presidenza Trump, «diventerebbe molto pericoloso. È una ricetta verso il disastro».

La risposta a come tante persone si siano sempre più entusiasmate per Trump è che, dice con sicurezza rassegnata e preoccupazione, «il 40% degli americani sono poco istruiti, istruiti male, anche dai media, da Fox News e dall’ala destra dei media. Insomma, ci ricordiamo tutti quelli chi hanno continuato a ripetere, per anni, che Obama non era nato negli Stati Uniti, che era musulmano. E questa è la gente che vota. È davvero inquietante».

I MEDIA

Già, proprio i Media. Recupera tuttavia velocemente il buon umore della risata quando, aggrappandoci ad ogni speranza, nominiamo, come esempio di buona diffusione di informazioni, il canale televisivo pubblico PBS (Public Broadcasting Service).

Si ferma e, ridendo stupefatto da tanta ingenuità, risponde: «Are you kidding? (Stai scherzando?). È molto lontana dall’essere di sinistra. La sinistra credo sia presente in radio».

Non NPR (National Public Radio), ma «la rete delle radio come KPFK a Los Angeles, KPFA a Berkeley, soprattutto Pacifica Radio in tutta la costa west. Sì, Pacifica è davvero di sinistra. E poi c’è il magazine The Nation, anche se purtroppo la circolazione è molto bassa. Per la televisione, la migliore giornalista no, ma la miglior persona in assoluto in tv è certamente Rachel Maddow, la più intelligente. Mi sembra abbia il coraggio di parlare chiaro. Anche se purtroppo non tocca mai la questione Israele-Palestina. Ma credo che MSNBC sia di NBC, e che NBC sia proIsraele. Dunque…».

LA POESIA

Lawrence Ferlinghetti resterà sempre l’uomo che ha avuto il coraggio di stare al fianco di chi aveva una voce molto poco ascoltata nel mondo americano e occidentale degli anni ’50 e oggi ci si chiede cosa sarebbe ancora disposto a pubblicare, e cos’è necessario per decidere di sì.

Ancora sorride e, come sempre, risponde con la sua solita simpatia. «Se è poesia, se è uno scritto che ha un nuovo occhio, un nuovo modo di guardare alle cose del mondo, certo che lo vogliamo pubblicare. Oggi è un tempo dove i poveri del mondo, in Libia, in Siria, in Africa, in oriente, si sono stretti tutti insieme e si sono alzati in piedi per combattere, per protestare, per difendere la propria vita. I fascisti purtroppo portano al terrorismo, ovunque, in Francia, in Turchia. Avevo incontrato Gunter Grass, una volta tornato dal suo viaggio in India, dalla sua permanenza nelle strade, negli slums di Calcutta, e lui aveva visto quanto questa popolazione disperata era, sarebbe diventata, la misura di tutto».

UNDERWEAR

invito
Il 24 novembre sta per aprire a Verona, all’Accademia di Belle Arti, la sua nuova mostra «Underwear – azioni pittoriche e poetiche», che ci ha annunciato con grande entusiasmo. È una collezione di camicie intime femminili, con la poesia visiva di Ferlinghetti chiamata Fluxarte e che, racconta lui in un italiano perfetto, significa «fare l’amore senza sesso».

IL LIBRO

Sembra davvero non fermarsi mai, e ora aspetta la pubblicazione del suo ultimo libro anche in Italia, Scrivendo sulla strada Diari di Viaggi e di Letteratura (Il Saggiatore, euro 38, in vendita da febbraio 2017).

Sono racconti di viaggi in momenti diversi della sua vita e la copertina sembra un testamento ironico e scanzonato verso tutti i problemi della vita: nella fotografia porta una spilletta che dice solo: Fuck art. Let’s Dance.

«Quando morirò tornerò per sempre nell’underground. Ma dirò che io ci sono già stato…».