«Siamo gli anticorpi di questa università: la destra vuole trasformare tutto ciò che tocca in una slot machine, ma non lo permetteremo». Nikos Valezis poggia le mani sulle pareti piene di graffiti di un’aula occupata del Politecnico di Atene, mentre parla. Dietro di lui, i suoi compagni avvolgono le bandiere rosse portate in testa al corteo che si è appena concluso davanti al parlamento in piazza Syntagma.

Su un tavolino uno stuolo di posacenere e bicchieri di caffè attesta che la manifestazione si è conclusa senza scontri violenti con la polizia. Da ormai quattro settimane i collettivi studenteschi delle università greche, assieme alle formazioni giovanili dei partiti di sinistra (in testa quella del Kke) manifestano contro un disegno di legge presentato dal ministro dell’Istruzione Kyriakos Pierrakakis che renderà legale, per la prima volta nella storia della Repubblica greca, l’istituzione di università private.

L’ARTICOLO 16 della Costituzione, redatta nel 1975 al termine della dittatura dei Colonnelli, è chiaro: «L’istruzione a livello universitario deve essere fornita esclusivamente da istituzioni di diritto pubblico», le quali «operano sotto la supervisione dello Stato».

Un punto indigesto al partito di Nea Dimokratia da molto tempo: negli ultimi venti anni i ministri che si sono succeduti nei governi del principale partito della destra greca hanno tentato di aprire il mercato alle università private, ma sono stati costretti a fare un passo indietro di fronte alla veemenza delle proteste.

Forte del secondo mandato ottenuto lo scorso giugno, il premier Kyriakos Mitsotakis è determinato a riuscire dove i suoi predecessori hanno fallito. Per aggirare la Costituzione il governo si è appellato a un altro articolo della Carta, quello sul riconoscimento del diritto internazionale, per sostenere che il regolamento comunitario europeo permette alla Grecia di istituire università private.

DA ALLORA UN’ONDATA di proteste ha attraversato il Paese: da Salonicco a Heraklion, più di 150 facoltà sono state occupate, per denunciare «il colpo di grazia» a un sistema universitario già indebolito da anni di tagli alla spesa pubblica. Lo scorso giovedì, ventimila persone hanno ingrossato il corteo che ha sfilato nel centro di Atene, scandendo lo slogan «Pane, istruzione, libertà», invocato dagli studenti durante la rivolta del Politecnico.

In Grecia l’università è gratuita per tutti, a prescindere dal reddito: nel momento in cui gli studenti varcano la soglia della propria facoltà possono contare sui libri di testo forniti dallo Stato, e non ci sono tasse da pagare neanche nel caso si vada fuori corso.

L’accesso ai campus non è automatico: occorre totalizzare un punteggio minimo (che varia a seconda della facoltà), nell’esame di Stato al termine del ciclo scolastico, le panellinies, il cui solo nome strappa più di un sospiro di angoscia al giovani studenti; le famiglie greche sborsano infatti fior di quattrini per permettere ai figli di seguire corsi di preparazione privati per superare l’esame.

Nelle intenzioni del governo, la riforma permetterà a rinomate università estere di stabilire delle filiali in Grecia, aumentando il “prestigio del Paese”, che potrebbe diventare il centro di riferimento per gli studenti dell’est Europa e di Cipro impossibilitati a iscriversi oltremanica a causa della Brexit.

DOPO AVERE BOLLATO le occupazioni come «illegali», il governo ha invitato i professori a tenere gli esami online, mentre la polizia è entrata nel campus di Salonicco per sgomberare l’occupazione del rettorato. Molti accademici, invece, hanno sfilato al fianco degli studenti, e in duecento hanno firmato una lettera in cui si condanna la riforma. «Siamo costretti a difendere la Costituzione dal governo e a proteggere un sistema universitario più che meritevole, nonostante rimanga tra i meno finanziati d’Europa», spiega Alexandra Koronaiou, professoressa di Sociologia presso l’università Panteion di Atene. Secondo la Banca Mondiale, nel 2020 la Grecia ha speso il 7,1% del suo bilancio pubblico per l’istruzione: è il livello più basso degli ultimi 25 anni.

IL GIORNALE KATHIMERINI ha rivelato che la prima università privata ad aprire i battenti dovrebbe essere la University of Nicosia Greece Branch Medical Limited, di proprietà di Cvc Capital, la società che controlla quasi tutti gli ospedali privati in Grecia.

«Così le università diventano una fabbrica di profitto per i privati, e l’istruzione sarà costretta a inseguire i criteri di mercato delle aziende» commenta Vasilis Spanos, studente di medicina, mentre al termine di un corteo arrotola un manifesto con l’immagine di Mitsotakis che impugna una pistola e la scritta «Rapinatore».

Gli studenti sono consapevoli che l’apertura di università private non andrebbe automaticamente a scapito di quelle pubbliche, «ma questa classe politica non ha interesse a salvaguardare il bene comune. Una volta data la possibilità ai più ricchi di studiare altrove, le università statali verranno trascurate più di quanto già non avvenga», sostiene Spanos.

IL DISEGNO DI LEGGE, definito da Syriza «una pietra tombale» per l’istruzione pubblica, dovrebbe essere votato entro la fine del mese. Il ministro Pierrakakis si è detto fiducioso che grazie alla riforma molti dei 40mila greci iscritti negli atenei all’estero saranno invogliati a tornare in patria. Difficile credere a un sortilegio simile, e forse gli esponenti del governo di Nea Dimokratia – i cui figli non di rado affollano le prestigiose e costose università anglosassoni – lo sanno già.

Del mezzo milione di giovani laureati fuggiti all’estero durante gli anni della crisi non è tornato praticamente nessuno. Forse perché il tasso di occupazione giovanile in Grecia rimane tra i più bassi d’Europa, e perché i diritti dei lavoratori sono stati erosi sistematicamente negli ultimi anni. O forse perché può bastare prendere un treno per morire a causa delle infrastrutture fatiscenti del Paese: è successo alle 57 vittime dell’incidente ferroviario di Tebi, di cui ricorre tra poco il primo anniversario. La metà di loro aveva meno di trent’anni e frequentava l’università.