La comunità islamica di Monfalcone ha scelto di trascorrere il Ramadam pregando a piccoli gruppi, ospitati di volta in volta in casa dell’uno o dell’altro. Cominciano intanto a pronunciarsi i giudici chiamati a dirimere l’ultima questione – in ordine di tempo – che li ha visti contrapporsi all’amministrazione comunale. Le sentenze sui ricorsi proposti dai Centri islamici stanno sgretolando anche molte delle affermazioni pubbliche fatte recentemente dalla sindaca Anna Cisint.

L’ultima sua scorribanda era stato il divieto alla preghiera collettiva nei Centri islamici con la motivazione che la destinazione d’uso dei locali non risultava idonea e che il forte afflusso non garantiva la sicurezza e l’incolumità delle persone. Un colpo particolarmente duro per la numerosissima comunità islamica che abita e lavora a Monfalcone e che in qualsiasi altra parte del mondo si sarebbe evitato con una banale modifica urbanistica e magari qualche prescrizione. A Monfalcone invece è stato il pretesto per un feroce e quotidiano tiro al musulmano: non rispetta le leggi, schiavizza le donne, non si vuole integrare e, in sostanza, abbraccia una religione che non è compatibile con lo stato di diritto italiano. 

Vietati alla preghiera i due Centri islamici e anche, subito dopo, un piazzale che in molti avevano  ritenuto un ripiego temporaneo dove svolgere i riti religiosi. Questo piazzale è la parte esterna di un edificio comperato da uno dei Centri che intendeva ristrutturarlo prima che il Comune, un paio di anni fa, si mettesse di traverso e impedisse i lavori. Ma quanti, dopo la chiusura dei Centri, avevano raggiunto quel piazzale per pregare si erano trovati davanti a un nuovo divieto : non si può accedere a quel piazzale, così l’ordinanza del Comune impugnata, perché “area di cantiere”. Il TAR si è pronunciato ieri proprio su questo rigettando in toto le argomentazioni del Comune. Anzi, leggendo la sentenza, la figuraccia del Comune è verticale: come si può dichiarare area di cantiere un luogo dove lo stesso Comune ha vietato si aprisse un cantiere? La sentenza ha poi dichiarato “insussistenti” i presupposti del divieto anche alla luce della sua destinazione all’esercizio di “diritti di rango primario quale la libertà di riunione, di associazione e di culto”.

Non solo il TAR: il giorno prima era arrivata la sentenza del Consiglio di Stato – su una ulteriore parte dell’intricata questione – che ha imposto al Comune di trovare luoghi adeguati dove i musulmani possano pregare insieme (non periferici e all’aperto come aveva tentato maldestramente di fare ultimamente). Eppure Cisint canta vittoria: le ordinanze di divieto alla preghiera nei Centri non sono state annullate, scrive gongolando, a dimostrazione che “ho ragione” e che “i musulmani violano la legge”. Motivi per gioire? Meno di zero. E’ vero che il Consiglio di Stato non ha sospeso le ordinanze restrittive ma il fatto è che non si è voluto esprimere nel merito della questione limitandosi ad osservare che, essendo fissata a maggio la causa al TAR, non ravvisa motivi d’urgenza per intervenire in sede cautelare. Resta la sostanza: Cisint ha una settimana di tempo per definire dove i musulmani possono pregare in santa pace e i cittadini di Monfalcone devono risarcire le spese, compensate, della causa.

Silenzio su questo da Cisint ma l’abitudine al rilancio è sua caratteristica e la fantasia non manca. Vedasi il Festival “Geografie”, tanto voluto e pubblicizzato dalla sindaca, che proprio in questi giorni porta a Monfalcone ospiti notevolmente “allineati” e dove ieri mattina ha potuto essere protagonista lei in persona presentando il suo di libro fresco di stampa. Le ha tirato la volata Giuseppe Cruciani con una introduzione da par suo contro “progressisti e  femministe, in particolare NUDM”. Pubblico adorante, grande festa per la sindaca guerriera senza macchia e senza paura. Un cartello “non in nome mio”, qualche tentativo di proporre una interlocuzione critica ma la gente sotto il gazebo è tutta con lei: applausi entusiastici e poi si passa al banchetto perché c’è il suo libro da comperare.