A Lisbona è un autunno umido, piovoso e sonnacchioso come tanti altri autunni. Forse appena più caldo del solito. Fino all’altro ieri tutto sembrava procedere senza troppi soprassalti. Qualche polemica per la legge finanziaria in corso di approvazione all’Assembleia da Republica, ma la consapevolezza che tanto, con una maggioranza assoluta, il governo socialista guidato da António Costa, navigava in acque tranquille. E invece no, perché la vasta operazione anticorruzione che si è scatenata alle 5 della mattina di martedì al suono delle sirene della polizia ha interrotto bruscamente e definitivamente l’apparente monotonia.

Lo scenario politico nel giro di poche ore è stato completamente stravolto. Tutto è cambiato per Costa che in una drammatica conferenza stampa ha annunciato le proprie dimissioni e l’intenzione di non ricandidarsi a nessun ruolo politico fino a che tutto non si sarà chiarito. E purtroppo questo tipo di processi durano tanto tempo – 5, forse 10 anni – privando il sistema politico delle necessarie risposte giudiziarie.

Quindi è questo il contesto dentro il quale il presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa – supremo e inappellabile arbitro – dovrà decidere se indire elezioni oppure nominare un nuovo primo ministro. A livello teorico la questione sarebbe semplice, visto che i socialisti si sono resi disponibili a dare vita a un nuovo esecutivo e hanno i numeri in parlamento per sostenerlo. Tuttavia Rebelo de Sousa si è sempre detto contrario a cambiamenti senza che questi non siano preceduti da consultazioni.

Il capo dello Stato ha convocato per oggi pomeriggio il consiglio di Stato, organismo di cui fanno parte le principali figure della politica portoghese, tappa fondamentale prima di sciogliere la Camera e questa sera, poco dopo l’inizio del telegiornale delle 20, rivelerà quali sono le sue intenzioni.

Con ogni probabilità siamo di fronte a una lunga fase in cui da una parte la leadership socialista dovrà vedersela nei tribunali e dall’altra sarà necessario ricostruire un rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni. Come reagirà quindi l’opinione pubblica è difficile dire, le elezioni in questo contesto dovrebbero favorire i partiti di destra. Per capire come sono cambiati gli equilibri dalle scorse elezioni – gennaio 2022 – occorre partire dai dati dell’ultimo sondaggio che però risale alla fine di ottobre e non ha quindi ancora registrato l’impatto degli sconvolgimenti di questi giorni.

Il centro destra – Partido Social Democrata (Psd) – scende dal 29% al 24,9%, lo Chega (Basta) – populista di destra – raddoppia in poco più di un anno i propri consensi passando dal 7% al 14,6% e Iniciativa Liberal (Il) – destra ultraliberista – sale dal 4,9% al 6,7%. In totale il campo delle destre somma quasi il 47%.

Il partito socialista (Ps) precipita dal 41,3% al 28,6%, il Bloco de Esquerda (Be) sale dal 4,4% al 7,1%, il Partito comunista portoghese (Pcp) scende dal 4,3% al 3,8% e il Livre – sinistra post-moderna – rimane intorno al 2%.

Totale 43% circa. Poi il Pan – Persone, Animali e Natura – che non si schiera né a destra né a sinistra anche se comunque gravita a sinistra, è dato in crescita dall’1,5% al 4,8%.

A complicare le cose, l’approvazione ancora in corso della legge finanziaria per il 2024. Questo non tanto, o non solo, per il fatto che ormai l’iter di ratifica è ormai alle sue battute finali, ma perché molti analisti considerano che debba essere la maggioranza entrante (probabilmente di destra) e non quella uscente a redigere il budget.

Perplime come tutti i partiti, tra cui anche Be e Pcp – eccezion fatta per i socialisti – siano così tanto favorevoli a elezioni che potrebbero incoronare come una forza centrale nel nuovo sistema partitico lo Chega (formazione che in Europa siede al fianco della Lega e di Marine Le Pen). Tutti gli scenari restano al momento aperti e il vero dubbio è se il Psd resisterà alla tentazione di formare un governo che includa i populisti di Chega. L’alternativa, al momento molto poco probabile, sarebbe un’alleanza che unisca Ps e Psd in modo da tenere fuori i partiti estremi, ma comunque la si voglia mettere un ciclo sembra essersi definitivamente concluso.