I trattori degli agricoltori francesi hanno sporcato di letame la vetrina delle Olimpiadi che si svolgeranno a Parigi dal 26 luglio all’ 11 agosto. L’imprevisto ha smorzato l’entusiasmo dei primi giorni del 2024 da parte della compagine di governo francese e fermato, almeno per il momento, la marcia trionfale di Macron verso l’appuntamento sportivo internazionale, che il presidente francese inaugurerà con un discorso in mondovisione. L’ultima edizione olimpica di Pechino, è stata l’occasione per mostrare al mondo la grandezza della Cina. L’ edizione cinese, tra le più partecipate della storia, sembrava aver sancito definitivamente la «pace olimpica» che la retorica dello sport vorrebbe simbolo di una pace su scala internazionale, invece, allo stato attuale vi sono 59 conflitti bellici in corso in tutto il mondo.

Quale peso avranno sullo scenario olimpico di Parigi l’invasione dell’ Ucraina da parte della Russia di Putin e l’operazione militare senza mezzi termini che Israele sta portando avanti nella Striscia di Gaza? Il Cio ( Comitato internazionale olimpico) ha escluso la Russia dalle competizioni internazionali a seguito del doping di Stato perpetrato per anni da Putin per affermare una supremazia sportiva mondiale, che andava di pari passo con quella politico-economica. L’ invasione dell’Ucraina ha ulteriormente ristretto il cerchio intorno agli atleti russi, che potranno partecipare a titolo individuale sotto la bandiera del Cio. L’Ucraina ha già avuto ingenti perdite tra gli atleti chiamati a combattere al fronte, calciatori, cestisti, lottatori e altri. Con quali atleti e in che condizioni gareggerà a Parigi?

Inevitabile, di questi tempi, volgere lo sguardo anche alla Palestina. Gli atleti palestinesi non fanno parte di uno Stato, gareggiano sotto l’egida del Cio, alle ultime olimpiadi di Pechino sono stati cinque in tre discipline. Quanti parteciperanno alle olimpiadi di Parigi? Avranno la possibilità di allenarsi, se piovono bombe ovunque e nessun luogo è sicuro?

Il Cio, particolarmente zelante nel decretare la sospensione della Russia dalle gare internazionali, si mostrò alquanto cauto nel 2021 nei confronti di Pechino, innanzi alla denuncia della tennista cinese Peng Shuai sulla violenza sessuale subita da parte di un alto funzionario di governo. Oggi, il massimo organo sportivo internazionale, resta del tutto inerme di fronte al dramma che stanno vivendo gli atleti e la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. Il presidente del Cio Thomas Bach, che occupa di diritto un posto all’Onu in nome dello sport internazionale, non proferisce parola sul massacro dei palestinesi in corso da parte di Israele. Al contrario, ha comunicato che non saranno ammessi gesti eclatanti da parte degli atleti, l’esclusione dalle gare e l’espulsione dal villaggio olimpico saranno immediate.

I gesti di protesta sono imprevedibili, come ci insegna la storia delle olimpiadi moderne. Come non ricordare il travagliato percorso della fiamma olimpica nel 2008, che per tradizione partiva da Atene per passare di mano in mano in varie città dei cinque continenti fino a giungere in quelle dell’ultimo tedoforo che avrebbe acceso la fiamma olimpica il giorno dell’inaugurazione? Prima di giungere a Pechino, sede dei Giochi olimpici nel 2008, i manifestanti ostacolarono il percorso dei tedofori per protestare contro la repressione in Tibet messa in atto dal governo cinese nella primavera del 2008.

Il gesto più eclatante, diventato icona simbolo del ‘900, fu il pugno chiuso sul podio di Tommie Smith, medaglia d’oro nella velocità alle olimpiadi a Città del Messico nel 1968, quale denuncia della segregazione razziale negli Usa. Quelle Olimpiadi furono macchiate anche dalla sanguinosa repressione degli studenti che manifestavano in Piazza delle Tre Culture a Città del Messico, contro il carovita e gli sprechi del governo per le olimpiadi.

Nel 1972 a Monaco vi fu l’irruzione armata nel villaggio olimpico di un gruppo di palestinesi di Settembre Nero, che sequestrò alcuni atleti israeliani in segno di protesta contro l’occupazione israeliana. L’ operazione, a seguito dell’irruzione delle forze speciali tedesche si concluse con l’uccisione di undici atleti israeliani, i cinque membri di settembre Nero e un poliziotto.
Quattro anni dopo il tragico epilogo, nel 1976 fu l’Africa a boicottare le Olimpiadi di Montreal per protestare contro l’apartheid in Sudafrica, venti paesi aderirono al boicottaggio con l’aggiunta di Iraq e Guyana che si aggiunsero per solidarietà. La Gazzetta dello Sport, attribuì quell’operazione di protesta alla longa manus della Cina di Mao, intenta a ordire boicottaggi per assurgere al ruolo di leader tra i Paesi non allineati, come si chiamavano allora quelli che si collocavano al di fuori dei blocchi della Guerra Fredda. Le Olimpiadi di Mosca del 1980 furono caratterizzate dal boicottaggio del mondo occidentale, capeggiato dagli Usa, per protestare contro l’invasione sovietica dell’ Afganistan. Seguì il boicottaggio sovietico e di tutti i paesi dell’Est aderenti al Patto di Varsavia, nel 1984 alle olimpiadi di Los Angeles.

L’intreccio tra Olimpiadi e conflitti sociali ha una lunga storia a partire dalle Olimpiadi del 1932 negli Usa. Ci fu un vasto movimento d’opinione che si levò a favore di Tomas Joseph Mooney, sindacalista a capo delle lotte operaie americane, accusato dalla Fbi di trasporto di esplosivo, in realtà furono accuse preparate a tavolino. Mooney fu condannato a morte, i suoi compagni di lotte a pesanti pene detentive. Il 14 agosto, giorno dell’inaugurazione dei Giochi a Los Angeles, mentre sfilavano le delegazioni olimpiche, quattro uomini e tre donne fecero irruzione sulla pista di atletica innalzando i cartelli « Mooney libero». Fu l’inizio di una vasta campagna di mobilitazione che costrinse il presidente Roosvelt a concedere la grazia a Mooney.
A Parigi quali voci di dissenso troveranno spazio sulla scena olimpica?