No es país para coños, Non è un paese per fiche. Il titolo del libro di Diana López Varela, pubblicato alla fine del 2016 (Península) è esplicito. Il sottotitolo, poi, elimina ogni dubbio: sulla necessità di una società femminista. L’uguaglianza tra donne e uomini continua ad essere una chimera, in Spagna come altrove.

Anche nella società spagnola, l’idea è che la massima aspirazione per una donna debba essere quella di fare la moglie e la madre invece che l’avvocata, la scienziata o la pilota d’aereo. Per fermare la cultura machista, serve il femminismo e la necessità di rivendicarlo.

Le donne di Podemos è da tempo che lo affermano, vogliono un Podemos femminista, decentralizzato e democratico. Un documento proprio con questo titolo si aggira per il partito per contaminare di femminismo gli aspetti etici, organizzativi e politici di tutte le iniziative e proposte di Podemos, dalla struttura interna alla linea politica e istituzionale da seguire.

Lo ha redatto il Circulo Estatal de Podemos Feminismos, un circolo ideato dalle donne già agli esordi di Podemos. E proprio in questa campagna precongressuale il femminismo è già un possibile anello di congiunzione tra le diverse sensibilità che si sono definite.

Leggendo i differenti progetti politici presentati da Pablo Iglesias o da Íñigo Errejón o dall’area anticapitalista, si ritrova spesso e volentieri quell’idea di femminilizzare la politica e gli accenni al piano di “depatriarcalizzazione” del partito. S

ono passati tre anni dal primo atto pubblico di Podemos, allora non si nominava il femminismo, oggi tutti i settori del partito ne parlano, tutti lo incorporano nei propri propositi e questa è già una vittoria delle femministe di Podemos.

Si è iniziato da considerazioni basiche: senza parità non c’è democrazia. Anche arrivare a questo non è stato facile. Passando da una parità supposta di 40 a 60, che matematicamente parità non è, ad una parità 50/50. Superando la difficoltà, per le donne, di ricoprire ruoli di potere nel partito, sempre trattate o come intruse o come inadeguate, rispetto a quello che loro stesse hanno definito un leaderismo testosteronico. E la parità è solo un frammento limitato alla partecipazione, più importante è svincolare l’idea dei femminismi dalla sola visione dei diritti.

Le donne, così tanto presenti nello spazio privato della cura, con l’occupazione e la presenza nello spazio pubblico possono determinare la trasformazione delle priorità politiche. È la femminilizzazione della politica, che vuole mettere al centro le persone e i loro bisogni per sfidare l’egemonia sociale e culturale. Questo le donne lo hanno sempre fatto con la politica delle pratiche collettive del movimento femminista, del movimento per la difesa del diritto alla casa, del movimento ambientalista, di tutti quei movimenti che comportano cambiamenti effettivi nella vita delle persone. L’idea di Feminismo Podemos è fare dei femminismi il referente politico alternativo all’atroce individualismo neoliberista e del sessismo in tutte le sue manifestazioni.

Podemos oggi è ancora un partito dove c’è machismo, come in altri partiti e come in quel movimento del 15M dove tutto è iniziato. È proprio Feminismo Podemos a dirlo. Ma un partito non è femminista per definizione o solo perché al suo interno non si riproducono comportamenti sessisti, lo è se, quando avvengono, si cercano le soluzioni per affrontarli e risolverli, per evitarli. Il rispetto delle linee guida viola dettate dalle femministe del partito legittimano Podemos a parlare di depatriarcalizzazione della sua politica, ineludibile per quella trasformazione necessaria al paese. Certo però se il femminismo nel partito lo rincorrono e lo determinano solo le donne, non può funzionare. Se realmente si vuole essere il contrappeso femminista nel panorama politico nazionale, bisogna realizzarlo al proprio interno per diventare un canale di trasmissione delle rivendicazioni femministe, senza però sostituirsi alla voce dei movimenti femministi.