È Trump, ma anche l’anti Trump. Mentre produce il massimo sforzo della campagna elettorale, Matteo Renzi copre tutto il campo di battaglia. In senso geografico: ieri era a Brescia, oggi sarà a Siracusa (nel frattempo i 5 Stelle chiedono chiarimenti sull’uso di un elicottero militare per questi viaggi elettorali). E in senso politico: Renzi presenta il suo governo e se stesso come argine ai demagoghi «capaci solo di urlare» (Grillo e Salvini) ma ne copia gli argomenti. E copia anche Trump: «Io non sono come gli altri politici romani».

Il ministro Gentiloni non perde l’occasione del vertice europeo dei ministri degli esteri per spingere il Sì al referendum. «Dopo la Brexit e il voto a Trump – racconta – viviamo uno dei momenti più difficili della Ue, in questo contesto internazionale sono tutti preoccupati e mi chiedono dei sondaggi».

Nel frattempo il presidente del Consiglio gioca con lo spread – «se c’è incertezza è ovvio che aumenta» – e gioca anche a fare l’«anti casta». Compare agli studenti del corso di istituzioni di diritto privato dell’Università Cattolica di Milano. Il rettore Franco Anelli, titolare della cattedra, lo ha invitato a spiegare la «sua» riforma costituzionale. Lui va oltre. «Io ho 41 anni e voglio cambiare l’Italia», «la casta sta con quelli che vogliono conservare i super stipendi», «noi non siamo qui per inseguire un vitalizio». Sono tutte frasi di ieri.

E poi ce un’altro pensierino, scritto nella settimanale enews: «La maggioranza silenziosa degli italiani sta con noi». E siccome siamo in Italia e non nell’America di Nixon e nemmeno (ancora) in quella di Trump, la «maggioranza silenziosa» non richiama alla mente i colletti blu o i contadini delle pianure interne.

Ricorda invece quel sottobosco di cattolici conservatori, monarchici, fascisti più o meno travisati che prese forma nella primavera di quarantacinque anni fa tra Torino e Milano come reazione al movimento studentesco. «L’Italia che lavora, produce, paga, forma la maggioranza silenziosa degli italiani», così la presentava Adamo Degli Occhi, uno dei fondatori, poi finito a bordeggiare lo stragismo nero con tutti gli altri organizzatori delle prime marce codine. Che si chiamavano appunto le marce della «maggioranza silenziosa».

Ora, Renzi ha in effetti 41 anni. E se gli chiedono a quale politico cattolico si ispira risponde La Pira o al massimo Fanfani. Però fa campagna elettorale con gli slogan del meno memorabile Massimo De Carolis.

Nel frattempo non è ancora tramontata la polemica per la lettera che ha deciso di spedire a tutti gli elettori italiani residenti all’estero.

Due comitati del No – quello dei costituzionalisti Pace e Zagrebelsky e quello nato per iniziativa di D’Alema e presieduto da Calvi – ieri hanno firmato un documento comune per chiedere che sia fatta chiarezza su «chi ha fornito al presidente del Consiglio nomi e indirizzi dei cittadini residenti all’estero e da quale fonte giunga il finanziamento».

Annunciando altrimenti non solo iniziative politiche,ma persino giudiziarie: «Qualora il governo non dia garanzia che insieme alla lettera di Renzi siano inviate anche lettere degli altri comitati, e qualora non vi siano adeguati chiarimenti, sarà necessario prendere iniziative presso tutte le istituzioni competenti».

Renzi però non cambia strategia, anzi rilancia con le lettere.

Ieri sera l’agenzia Agi ha dato notizia dell’intenzione di palazzo Chigi di scrivere anche a tutte le famiglie italiane per convincere a votare Sì. Circa 26 milioni di lettere che, anche alla tariffa semi gratutita che le Poste offrono in questi casi, costerebbero oltre un milione di euro. Perché i sondaggi, ammette anche Renzi, «dicono che il No sarebbe più forte del Sì». E mancano solo 20 giorni al 4 dicembre.